lunedì 6 febbraio 2012

NEVE ED UMANI. ARMINIO F., L'inverno grigio del nostro scontento, IL MANIFESTO, 6 febbraio 2012

La neve di questi giorni sembra svelare lo stato inerte della nazione. Toni apocalittici per parlare della neve d'inverno, e recriminazioni sulla mancanza del pubblico che da tempo è stato sacrificato sull'altare degli interessi individuali. Io, invece, ho visto un topolino...

Franco Arminio è poeta, documentarista, animatore campano.



La neve di questi giorni sembra un reagente chimico capace di rivelare lo stato inerte e delirante di tutta la nazione. Forse per la prima volta l'abbiamo vista prima che cadesse a terra. Un diluvio di notizie per un evento atmosferico in una nazione che tra l'altro ha le Alpi e l'Appennino. Non siamo la Tanzania. E Roma non sta all'equatore.

Ho visto in un telegiornale usare toni apocalittici perché in un borgo della Toscana mancava la luce da alcune ore. E al mio paese uno se l'è presa col vigile perché non poteva andare a dar da mangiare alle galline. Sono sceso in piazza, qui mezzo metro di neve non ha mai spaventato nessuno, alle nove del mattino la strada era libera, ma al paese vecchio si lamentavano. Ognuno vorrebbe che fosse liberata la propria macchina, ognuno vorrebbe la strada aperta davanti a sé, specialmente quelli che non hanno alcuna necessità di uscire.

Un'altra novità di questa neve è la sua esposizione mediatica. Non solo giornali e televisioni, ma anche la rete è inondata di immagini, ognuno con macchine fotografiche e telefonini a filmare un mondo che il manto bianco rende più bello. La neve crea problemi ed è assurdo che si debba morire per la neve o per la pioggia in una società che ha fatto della crescita e della tecnologia i suoi totem. D'altra parte ogni tanto sarebbe anche il caso di fermarsi: pure a me è capitato di finire fuori strada per andare a filmare un albero imbiancato di cui da sempre sono invaghito. La verità è che il brutto tempo è diventato uno psicodramma, come se l'inverno non potesse più consentirsi di essere inverno: gli annunci meteo sono uno spettacolo che ravviva l'inverno grigio del nostro scontento.

Inutile adesso levare lamenti sulla disorganizzazione dei servizi pubblici. Abbiamo deciso da tempo di privilegiare il benessere individuale a discapito della cura del bene comune e questi sono i risultati. Il guaio è che siamo un popolo sempre più infantile, capriccioso, un popolo che a furia di essere bistrattato ormai recrimina su tutto, e non riesce neppure a godersi una nevicata.

Io nel pomeriggio sono andato a piedi sull'altura vicina al mio paese. A un certo punto nel manto bianco è apparso un topolino. Mi faceva tenerezza quel puntino nero, seguivo con trepidazione i suoi movimenti smarriti, ma con ben altro sguardo è stato avvistato da una poiana. Eccola abbassarsi sopra il topolino e portaselo con sé in volo. Magari senza neve si sarebbe salvato, gli sarebbe stato più agevole nascondersi. Questa è la scena che ricorderò, non le chiacchiere del sindaco di Roma. Non i fuoristrada che hanno girato ovunque più del solito, perché finalmente la neve dà un senso alla loro esistenza.

Al mio paese ho visto poca gente camminare a piedi. Tutti chiusi in casa a vedere la neve alla televisione più che quella intorno alle proprie case. L'Italia non è seppellita dal bianco ma dall'irrealtà. Un evento atmosferico eccezionale dovrebbe riconciliarci con la geografia, dovrebbe rimetterci in contatto con la terra. Esiste il freddo, il vento, il caldo, esistono delle cose che possiamo percepire prima ancora che eventi su cui imbastire discorsi. Io mi sento a posto con la coscienza. Prima di scrivere questo articolo sono stato tutto il giorno fuori a guardare la neve che ha coperto il paese che non c'è più. Parlo del mio, ma forse è l'Italia intera che sta sparendo sotto il gelo dell'egoismo e dell'indifferenza. Adesso a febbraio il nostro cuore è di quarzo. Figuriamoci a marzo.

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