martedì 26 aprile 2016

CATASTROFI ECOLOGICHE. 30 ANNI DOPO CHERNOBYL. F. CAPRARA, “Il complotto di Chernobyl”: tutto quel che sappiamo sul disastro atomico è falso, LA STAMPA, 6 aprile 2016

A 30 anni dall’incidente che ha risvegliato nel mondo l’interesse verso i rischi dell’energia nucleare, arriva nei cinema «Il complotto di Chernobyl - The russian woodpecker», documentario (presentato al Sundance Film Festival 2015 dove ha vinto il Gran Premio della Giuria) in cui il regista Chad Gracia (per la prima volta dietro la macchina da presa), guidato dalle testimonianze e dalle supposizioni dello scenografo, poeta e pittore ucraino Fedor Alexandrovich, indaga sulle ragioni della catastrofe. «Non sono un esperto del caso Chernobyl - spiega l’autore - il film è una specie di ritratto surreale dell’anima di un artista come Fedor, contaminato dalle radiazioni e traumatizzato da anni e anni di tirannia. Un uomo che cerca di scoprire la verità in un mondo ancora popolato dalle ombre della cospirazione e del vecchio regime». 



Anche se scettico sulla teoria del complotto, Gracia è convinto che, fino a quando «i file e gli archivi riguardanti Chernobyl non saranno de-secretati, non potremo mai sapere la verità su quanto è accaduto...La gente in Occidente crede che Chernobyl sia un caso chiuso, ma in realtà ci sono molte domande irrisolte e molto materiale falsificato, a riprova del fatto che un qualche tipo di insabbiamento ci deve essere stato». 

La teoria di Fedor Alexandrovich si sviluppa a partire dal «Picchio Russo», un segnale radio dei tempi della Guerra Fredda, proveniente da un’antenna collocata «nel mezzo della Zona di Alienazione ad alta radioattività di Chernobyl...Nel corso dell’inchiesta, in Ucraina è scoppiata la rivoluzione contro il Governo filo-sovietico e Fedor ha iniziato a ricevere messaggi terrificanti della polizia segreta ucraina che gli intimava di bloccare le sue indagini per il bene della propria famiglia».  

Con i toni del thriller politico, nell’arco di 82 minuti, Chad Gracia descrive un’ossessione che va ben oltre i fatti di Chernobyl: «Quello che mi ha più stupito è rilevare quanto siano ancora presenti i fantasmi dell’Unione Sovietica e quanto fosse deciso il tentativo dei servizi segreti di bloccare le nostre ricerche». Durante la lavorazione il regista ha varcato la soglia della Zona di Alienazione: «Un posto strano e inquietante, ma anche bello e silenzioso, pieno di uccelli, un posto dove sembrava evidente che la natura stesse prendendo il sopravvento...Agli abitanti di Chernobyl era stato detto che sarebbero stati via solo tre giorni e invece non tornarono mai più».  

Il nuovo progetto che Chad Gracia sta mettendo a punto, insieme al direttore della fotografia ucraino Artem Ryzhykov, riguarda «il tentativo della Russia di clonare e far rivivere il mammut lanoso» una specie preistorica di elefante, abituata a resistere ai climi più gelidi.  

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