venerdì 1 giugno 2012

ITALIA. TERRITORIO E TERREMOTI. GRECO P., Si muove una faglia, L'UNITA', 1 giugno 2012

I quindici morti, i sette dispersi, i duecento feriti, alcuni paesi distrutti fino al 75%, alcuni antichi campanili e molti moderni capannoni venuti giù, le tre scosse superiori a magnitudo 5 che si sono registrate ieri, in Emilia, tra le ore 9 e le ore 13, ci costringono a chiederci cosa stia succedendo, lì, tra Modena e Ferrara. La domanda ha una doppia valenza. Cosa sta succedendo in termini geofisici? Cosa sta succedendo in termini di effetti degli eventi geofisici?


A guardare, con occhio inesperto, la mappa cronologica degli eventi pubblicati dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), scorgiamo sei stelle (che indicano le scosse di magnitudo superiore a 5 avvenute dal 20 maggio a ieri), che sembrano disegnare una traiettoria curva che sembra spostarsi progressivamente da est a ovest. L’impressione è che l’attività sismica stia migrando. E, infatti, sia gli esperti dell’Ingv che del Consiglio nazionale delle ricerche, ritengono probabile che si stiano attivando nuove faglie.
Lo ha detto chiaramente Alessandro Amato, un sismologo dell’Ingv: «La struttura responsabile del terremoto di oggi (ieri, ndr) nel modenese è la struttura complessa del tratto settentrionale dell’Appennino, nel quale la catena montuosa prosegue sotto la pianura padana. La struttura è la stessa legata al sisma del 20 maggio, ma probabilmente avvenuta su una faglia adiacente. Non si tratta quindi una replica in senso stretto».
La dinamica del terremoto emiliano, dunque, non costituisce una sorpresa, non per gli esperti almeno, data la nota ed estrema complessità del sistema sismico dell’Appennino centro-settentrionale.
D’altra parte ci vengono in mente – nella nostra mente di non esperti – altre sequenze sismiche che hanno interessato l’Appennino centrale negli anni scorsi: da quella dell’Umbria, nel 1997, a quella dell’Abruzzo, del 2009. Ora c’è lo sciame puntuato da scosse di magnitudo superiore a 5 nella pianura padana, un’area considerata a basso (ma non nullo) rischio sismico e dove eventi di questo genere non avvenivano da circa 400 anni. Tutti questi fenomeni sono in relazione tra loro? E se sì, qual è il loro significato?
Secondo alcuni esperti potrebbero esserci dei cicli secolari di intensificazione dei fenomeni sismici nell’area dell’Appennino che va dall’Irpinia alla pianura padana. Ecco, potremmo trovarci in uno di questi ciclici periodi di maggiore attività. Come spiega Giovanni Gregori, del Cnr: «La penisola italiana si sta riorganizzando dal punto di vista geologico, succede con tempi secolari. In quella zona, terremoti di tale intensità si sono registrati mezzo millennio fa. L’Italia è come una sbarra rettangolare compressa dall’Africa, nel giro di qualche decina di milioni di anni verrà schiacciata alla penisola balcanica. Ha dei punti di attrito che periodicamente si rilasciano. Le zone con maggiore sismicità sono quattro: Irpinia, l’Aquilano, l’Umbria e il Friuli».
Ciclo o non ciclo, cosa possiamo fare? In primo luogo ricordarci che il rischio sismico non è determinato solo da un fenomeno tettonico. Ovvero da come si muove la terra. Ma anche da come l’uomo si comporta su quella terra. Un sisma, anche di magnitudo 9, in un deserto non provoca danni agli uomini o alle cose. In Italia ci sono molti uomini e molte cose, anche antiche. Vedere antichi campanili crollare, ci ricorda che una gran parte dei nostri beni culturali è a rischio. E che occorrerebbe studiare metodi per minimizzare questo rischio.
Viviamo in un Paese ad alto rischio sismico. Questo lo sappiamo. Eventi come quelli dell’Umbria, dell’Abruzzo o come quello emiliano che stiamo vivendo sono altamente probabili. Sono attesi. Eppure, rileva Gianvito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei geologi (Cng), ci facciamo trovare sempre impreparati.
Ma vedere campanili antichi resistere al sisma e moderni capannoni industriali invece crollare, seppellendo chi sotto vi stava lavorando, dimostra che in questo Paese troppi credono di fare i furbi (di risparmiare qualche euro), magari contravvenendo alle leggi sulla prevenzione sismica. La furbizia può avere effetti tragici.
Una ricerca condotta nel mondo dopo che due terremoti di pari intensità (magnitudo 7.0) nell’anno 2010 hanno colpito due diversi Paesi, Haiti (300.000 morti) e la Nuova Zelanda (0 morti), ha dimostrato che l’effetto amplificatore che trasforma un fenomeno geofisico in un disastro devastante è la corruzione. Più un paese è corrotto, più un sisma provoca danni.
L’Italia – lo dimostrano questi ultimi terremoti centinaia di volte meno potenti di quello che in Nuova Zelanda non ha causato alcuna vittima – deve essere un Paese piuttosto corrotto.

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