sabato 7 dicembre 2013

CITTA' E RIVOLTE SOCIALI. ARGENTINA. CORDOBA. F. FIORINI, La rivolta dei figli degli esclusi porta il caos nella Cordoba «operaia», IL MNIFESTO, 5 dicembre 2013

Uno scio­pero del mag­gior sin­da­cato di poli­zia nella città argen­tina di Cor­doba ha sve­gliato ieri l’altro il fan­ta­sma del caos. La man­canza di auto­rità nel secondo cen­tro del Paese, ha infatti dato vita a 14 ore di scor­ri­bande, in cui orde di ragaz­zini con le Adi­das taroc­che e i pier­cing fluo­re­scenti alle guance, sono usciti dalle barac­co­poli a bordo dei loro moto­rini 125, e hanno sac­cheg­giato qual­siasi eser­ci­zio com­mer­ciale arri­vasse a por­tata, spa­rando, quando neces­sa­rio, al cielo, ai nego­zianti e ai resi­denti auto-organizzati, che pat­tu­glia­vano i quar­tieri con lo schioppo del nonno.



Men­tre un accordo sala­riale express, fir­mato all’alba dalle forze dell’ordine, ha rimesso in cir­co­la­zione le pat­tu­glie e con loro anche quella che i cro­ni­sti tele­vi­sivi con­ti­nuano a chia­mare una «calma tesa sulla città», si tirano ora le somme del giorno dopo, sui cocci rima­sti al suolo. Più di mille negozi distrutti, auto incen­diate, super­mer­cati cinesi sven­trati e decine di birre perse e spac­cate nella fuga, fanno da corol­la­rio a una notte in cui si dice che «solo per mira­colo» sia morta un’unica per­sona, ne siano state ferite 250 e arre­state 52. La vit­tima, di cui non è stato dif­fuso il nome, aveva vent’anni ed è arri­vata in ospe­dale con un colpo di pistola all’addome. Accom­pa­gna­vano il ragazzo alcuni amici in abiti spor­tivi, fug­giti subito dopo aver sca­ri­cato lui e un altro coe­ta­neo al pronto soc­corso, che a sua volta se l’è data a gambe non appena si è visto ben­dare le ferite ana­lo­ghe a quelle del com­pa­gno, ma per for­tuna solo di striscio.
Cor­doba, che nel mag­gio del ’69 fu tea­tro delle leg­gen­da­rie pro­te­ste degli ope­rai della Fiat Con­cord, torna dopo quasi mezzo secolo ad essere bat­tuta dal tumulto, anche se con per­so­naggi dal pro­filo sociale molto diverso. La poli­zia, che all’epoca tentò inu­til­mente di repri­mere la rivolta dei metal­mec­ca­nici, dando ini­zio con la sua scon­fitta alla caduta della dit­ta­tura mili­tare di Juan Car­los Onga­nia, oggi abban­dona il ruolo di fido scu­diero ed alza il capo con­tro lo Stato, per pas­sare da 300 a 600 euro al mese circa.
I rivol­tosi, invece, non sono pro­le­tari, non sono sin­da­ca­liz­zati e in molti casi non sono nem­meno sco­la­riz­zati: sono i figli di gene­ra­zioni di esclusi, per lo più con­ta­dini immi­grati nelle peri­fe­rie urbane (per­ché cac­ciati dalla sfrut­ta­mento inten­sivo delle terre d’origine), che hanno impa­rato a vivere la loro con­di­zione di sot­to­pro­le­tari come un’appartenenza a tutto tondo: musica (la cum­bia gang­sta), abbi­glia­mento (le tute di ace­tato), les­sico (il gergo delle barac­co­poli) e la con­ti­nua agio­gra­fia ban­di­te­sca, li inse­ri­scono in una nazione che si sovrap­pone in certi punti, ma che resta in fondo diversa da quella a cui sen­tono di appar­te­nere gli argen­tini che vivono al di sopra della soglia di povertà.
Così, il pro­filo dello scia­callo che ha scor­raz­zato per Cor­doba l’altra sera, parla di un mino­renne disoc­cu­pato, figlio di disoc­cu­pati, che è uscito dall’emergenza ali­men­tare in que­sti almeno dieci anni di aumento del red­dito pro capite, facendo lavo­retti sal­tuari e restando all’interno del nucleo fami­gliare, ma che però non sente nes­suno dei valori che potreb­bero por­tarlo a supe­rare l’abitudine di vivere alla giornata.
Per que­sto, nei sac­cheggi cor­do­besi sono stati rubati pochi ali­menti, pochi beni di prima neces­sità e oggetti dure­voli: il vino, il Fer­net Branca e la birra Quil­mes gui­dano le liste dei furti, insieme alle maglie di Messi, i pan­ta­loni della nazio­nale, gli schermi al pla­sma e i pro­fumi. Con loro, certo, è stato ripreso dalle tele­ca­mere che si sono avven­tu­rate nei bar­rios, anche qual­che oppor­tu­ni­sta che ne ha appro­fit­tato per rifarsi l’arredamento, ma il cit­ta­dino medio, non ricco ma impie­gato, è stato in gene­rale quello che il giorno dopo pian­geva sui resti della casa deru­bata o faceva la guar­dia all’isolato dopo una notte insonne.
Il caso, per ora rien­trato, ha subito preso por­tata nazio­nale: in Argen­tina, ogni mese di dicem­bre da 10 anni a que­sta parte si sca­te­nano infatti i sac­cheggi, si dice, gra­zie a una mano oscura che spunta dalle fila del pero­ni­smo di destra e tenta di rie­su­mare la rivolta a cui portò la crisi del 2001, e col sur­ro­gato di que­sta far cadere il governo di Cri­stina Kirch­ner. Finora non c’è mai riu­scito, ma di qui a Natale, la calma resterà ine­vi­ta­bil­mente tesa in tutto il Paese.

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