domenica 12 maggio 2013

GUATEMALA. GENOCIDI E DIRITTI DEI NATIVI. ROCCO COTRONEO, Il generale e il genocidio degli indios, IL CORRIERE DELLA SERA, 12 maggio 2013

RIO DE JANEIRO — Nelle guerre sporche dell'America Latina, dunque, c'era anche questo. Il genocidio di un popolo, ordinato dal dittatore di turno, per semplificare la caccia agli oppositori, intimidire la popolazione civile e guadagnarsi i galloni internazionali di eroe della guerra fredda.





Con una sentenza senza precedenti, la giustizia del Guatemala ha riaperto venerdì sera i libri di storia degli anni Ottanta. Efraín Ríos Montt, governante del Paese centroamericano tra il 1982 e il 1983, è stato condannato a 80 anni di carcere per la persecuzione all'etnia indigena degli Ixil. Il Tribunale lo ha ritenuto il mandante dei militari che in pochi mesi uccisero 1.771 indios, tra cui numerose donne e bambini. È la prima volta al mondo che un Paese condanna un proprio ex governante per l'accusa di genocidio, senza affidarsi cioè ai tribunali internazionali. Poco importa che l'imputato abbia ormai 86 anni: Ríos Montt è entrato ieri notte nel carcere militare di Matamoros per la sua prima notte in cella, e probabilmente non tornerà mai più in libertà.
Dopo aver ascoltato decine di testimoni, e i racconti terribili dei sopravvissuti, il magistrato Jazmín Barrios, una donna, ha pronunciato la sentenza trattenendo a stento le lacrime. Gli eccidi contro gli Ixil non possono essere considerati alla stregua di normali azioni militari, nemmeno sotto una dittatura. «I bambini e le donne Ixil sono stati al centro delle atrocità commesse dall'esercito. Sono arrivati a strappare feti dal ventre per estirpare quelli che chiamavano i semi cattivi. Le violenze sessuali sono state innumerevoli. E gli ordini arrivavano dall'alto, perché la politica esigeva che gli indios fossero considerati una razza inferiore e nemici pubblici». Oltre alle vittime, il governo dell'epoca ordinò come rappresaglia l'evacuazione forzata di 29.000 Ixil dalle loro terre. Tutto perché erano considerati simpatizzanti dell'Urng, l'Unidad Revolucionaria Nacional Guatemalteca, la principale guerriglia di ispirazione marxista del Paese.
E la sentenza racconta solo una piccola parte della tragedia del Guatemala, dove la guerra civile è durata ben 36 anni, terminando solo nel 1996. Si stima che il conflitto abbia causato tra i 150.000 e i 200.000 morti, oltre l'83 per cento discendenti delle popolazioni maya. Quasi nessun indio, tra l'altro, è morto in combattimento. Il governo del Paese centroamericano ha assistito al processo con distacco. La destra ha ammesso alcuni «eccessi» dei militari durante la guerra civile ma non l'accusa di genocidio. L'attuale capo di Stato Otto Pérez, altro militare, partecipò alle campagne punitive degli anni Ottanta nei villaggi Ixil. Un documentario dell'epoca lo riprende vicino ai corpi di quattro campesinos. Ma non ha imputazioni a suo carico. Durante il processo aveva dichiarato di non credere all'accusa di genocidio, ora sostiene che il governo rispetterà la sentenza.
Il processo ha evitato di scavare nelle complicità internazionali. Erano gli anni di Ronald Reagan a Washington e degli aiuti ai contras nei Paesi dell'America Centrale. Documenti della Cia di recente declassificati confermano che l'agenzia Usa sapeva dei massacri nei villaggi e non fece nulla per evitarli. Quando Ríos Montt conquistò il potere (e vi rimase per appena 16 mesi), Washington aveva già tagliato gli aiuti ufficiali al Guatemala, ma la Cia continuava a fornire consulenza militare. Come parziale compensazione, negli anni seguenti gli Stati Uniti hanno aiutato a riformare il sistema giudiziario del Guatemala, e incoraggiato l'apertura di processi come quello a Ríos Montt

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