sabato 28 gennaio 2012

CINA. UNA COMUNE A WUKAN. FORCHIELLI A., a Wukan un test politico per la dirigenza di Pechino, IL SOLE 24 ORE, 29 dicembre 2011

L'esperimento della "Comune di Wukan" appare al tramonto, senza spargimento di sangue ma con una soluzione negoziata e indolore. Dopo 10 giorni di autogoverno e tre mesi di tensione sono state rimosse le barricate che, almeno simbolicamente, impedivano l'ingresso delle forze dell'ordine in citta'. I manifestanti che la tenevano in pugno si sono arresi, non senza avere avuto importanti garanzie. Non ci sara' punizione per gli eletti dai cittadini; la morte di uno dei primi manifestanti - deceduto in circostanze oscure durante un interrogatorio della polizia - sara' oggetto di un'indagine per appurare i responsabili; i dimostranti arrestati saranno rilasciati.


Gli abitanti di Wukan, una cittadina dell'entroterra del Guangdong, hanno improntato scene di giubilo per una soluzione che appare una loro . Le forze dell'ordine non sono intervenute per reprimere una rivolta, l'esempio piu' eclatante di una miriade di proteste che attraversano minacciose la Cina. L'esplosione della collera popolare, iniziata a settembre, era un tipico esempio di risposta all'arroganza del potere. Terreni dei contadini erano stati requisiti o pagati con cifre irrisorie, per essere poi acquisiti da societa' immobiliari che ne avrebbero tratto profitti giganteschi. Anche in questo caso, la complicita' tra imprenditori senza scrupoli, funzionari corrotti, esponenti di partito senza ideali, banchieri complici, era stata ben visibile, quasi imposta nella sua brutalita'. Ad una prima manifestazione di protesta era seguita la morte di uno dei suoi capi. Dall'11 dicembre la popolazione e' insorta e la vecchia dirigenza cacciata. L'autogestione cittadina, iniziata con grande passione, e' subito apparsa sotto i riflettori internazionali e l'attenzione dei cinesi. Due conclusioni possono trarsi dalla vicenda. La prima attiene al numero degli "incidenti" che costellano la Cina, 180.000 nel 2010 secondo stime verosimili e accreditate. Non e' tanto loro valore assoluto a preoccupare, quanto l'incremento costante. L'insoddisfazione per l'ingiustizia, le disuguaglianze, l'opacita' delle decisioni, i privilegi della nomenklatura sono ormai impossibili da nascondere. Le denunce si moltiplicano, ma talvolta sono il pretesto per la repressione. I dirigenti delle esercitano il potere con severita' coniugata a interessi personali e cio' si ripercuote sulle proprieta' dei cittadini indifesi. A Wukan la loro protesta non era contro la politica di , ma in difesa dei loro interessi calpestati dall'avidita' di un guadagno immediato e illegale. Non meno importante, dalla vicenda sembra provenire un messaggio di pacificazione. Le forze di polizia non sono intervenute per reprimere, preferendo aspettare la decantazione della tensione. Poi hanno negoziato una soluzione, ispirate senza dubbio da direttive politiche. Senza sconfessare i dirigenti locali - e senza rinunciare al diritto di intervenire - Pechino ha scelto una soluzione nuova e meno violenta. E' possibile che le proteste siano troppo estese per poterle stroncare; forse il malessere che emerge da Wukan e' un sintomo piu' profondo di scontento. La dirigenza cinese sembra alternare repressione e dialogo, bastone e carota. Puo' essere contemporaneamente un segnale di debolezza e di maturita'. La sua ambizione e' di usare una piccola citta' del Guangdong per riformarsi, eliminando i suoi esponenti piu' compromessi e contestati. E' sempre piu' evidente come questa sia l'unica soluzione per legittimare il proprio potere, di fronte a proteste ormai incontrollabili per radicalita' e diffusione

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