mercoledì 23 giugno 2021

INQUINAMENTO DEL MARE. SICILIA. A. FRASCHILLA, Fanghi e liquami in mare, le foto shock della costa di Palermo, L'ESPRESSO, 23 giugno 2021

 Il mare di Palermo inquinato perché i depuratori non funzionano e sversano spesso i fanghi e i residui delle acque reflue. Sono delle foto shock quelle allegate all’ordinanza della procura di Palermo, nell’inchiesta coordinata dall’aggiunto Marzia Sabella e portata avanti dal sostituto Andrea Fusco. Immagini che documentano dal 2017 al 2021 chiazze color marrone che spesso si creano nel mare davanti alla costa Sud della città e nella parte che guarda verso il Golfo di Castellammare, con i depuratori di Balestrate e Carini che non funzionano. Un tema che ha già portato la commissione Ecomafie diverse volte nell’Isola e con decine di audizioni, come raccontato in una inchiesta dell’Espresso


Le informative dei carabinieri, con le foto allegate, sono molto chiare e nette sulla pessima situazione della depurazione nel capoluogo siciliano, tanto che poi, in base a queste verifiche, la procura ha chiesto e ottenuto il commissariamento dell’azienda municipalizzata, l’Amap, sul versante dei depuratori da lei gestiti. La procura in realtà aveva chiesto il commissariamento dell’intera azienda. Il Gip, Piergiorgio Morisi, ha concesso il commissariamento solo per gli impianti di depurazione. Ma resta un quadro sconfortante.

Il depuratore di Acqua dei Corsari

Con degli elicotteri i carabinieri lo scorso settembre fanno ad esempio delle riprese video e scattano delle foto in corrispondenza del pennello a mare, «cioè del punto terminale della condotta di 1.2 Km che porta le acque dal depuratore verso il mare del Golfo di Palermo», si legge nell’ordinanza che vede indagati dirigenti dell’Amap, compresa l’attuale assessore della giunta al ramo, Maria Prestigiacomo.

Si legge ancora nell’informativa dei carabinieri: «Il Nucleo Elicotteri metteva insieme alcune riprese svolte nel periodo dal 16 giugno 2015 al 06 giugno 2020, dalle quali è chiaramente visibile una grossa macchia marrone sulla superficie del mare, del classico colore dei fanghi da depurazione. Dunque, malgrado la condotta ed il pennello siano posti sul fondo, i fanghi risalgono sulla superficie del mare, prima di disperdersi grazie alle correnti marine. Ad esempio, come meglio descritto nella informativa del 13 giugno 2019, veniva effettuato questa ricognizione aerea, nel corso della quale venivano realizzati alcuni scatti fotografici e filmati video  dalle quali è chiaramente visibile una grossa macchia scura sulla superficie del mare, del classico colore dei fanghi da depurazione. Malgrado la condotta sia posta nel fondo, i fanghi diluiti all’interno del corpo ricettore risalgono in superficie prima di disperdersi completamente nell’ambiente sottomarino. Relativamente agli scatti fotografici dei giorni 30/04/2020 e 06/06/2020, occorre fare una precisazione: lo sversamento in mare dei fanghi non avviene in mezzo al mare in corrispondenza del pennello, ma sotto costa, dallo scarico di “troppopieno” del depuratore. In pratica, quando la portata delle acque è eccessiva, si attiva un sistema alternativo che scarica le acque direttamente sotto costa, a ridosso della battigia vicina a via Messina Marine».

Le indagini segnalano che anche negli anni 2015, 2016 e 2017, allorché l’impianto smaltiva ufficialmente 2.000 tonnellate di fanghi l’anno, «la produzione reale era ancora maggiore, tant’è che parte dei fanghi veniva smaltita in mare».

«Nella informativa del 13 giugno 2019, viene anche spiegato che i Carabinieri effettuavano in data 17 ottobre 2018 un secondo accesso presso l’impianto di depurazione di Acqua dei Corsari, unitamente a personale tecnico dell’ARPA - Struttura Territoriale di Palermo. Gli operanti notavano che in corrispondenza dello stramazzo, i reflui giungevano particolarmente torbidi, con la presenza massiccia di zolle solide di fanghi visibili ad occhio nudo ed in concentrazione maggiore. Inoltre, durante il sopralluogo, i militari operanti notavano alcuni operai dell’Amap che, con fare alquanto sospetto, erano intenti ad effettuare alcune manovre in prossimità del vicino canale di clorazione. Questi soggetti  sentiti a sommarie informazioni affermavano che la linea trattamento fanghi era ferma da diversi mesi, e che quindi non venivano più prodotti fanghi solidi o palabili; che si cercava di mantenere i fanghi molto liquidi e, con un sistema di pompe, di riportarli in testa all’impianto. Inevitabilmente, questa non corretta pratica gestionale generava la fuoriuscita costante di una parte di fanghi che, non potendo essere trattenuti all’interno del ciclo di depurazione, venivano sversati nel Mar Tirreno» .

Gli impianti di Balestrate e Carini

Non va meglio negli altri impianti della costa palermitana. I sommozzatori dei carabinieri  hanno ad esempio prelevato «due campioni di sedimenti marini, intorno al punto di sversamento della condotta sottomarina di Balestrate»:  «Il primo veniva prelevato proprio in corrispondenza del punto di immissione in mare, ed il secondo ad una distanza di oltre 10 m da detto punto. In entrambi i casi – si legge nell’informativa messa agli atti -  venivano rilevati superamenti enormi dei limiti tabellari previsti dalla legge in materia di parametri. Microbiologici, nello specifico Escherichia Coli e Streptococchi fecali (rispettivamente di oltre il 4695% e di oltre il 21200%).
Il 25 febbraio  gli agenti del nucleo subacquei della Guardia Costiera, effettuavano delle immersioni al fine di rilevare mediante riprese video l’impatto che gli sversamenti del pennello a mare del depuratore di Balestrate avevano avuto sulla flora e fauna marine. Una prima immersione è stata effettuata a 1,2 km dallo scarico, in un punto definito “bianco”. Una seconda immersione è stata fatta invece nei pressi del pennello a mare del depuratore. In questo punto, e per un raggio di 50 metri intorno al pennello, l’acqua è torbida e maleodorante, a causa dello sversamento di acque reflue non trattate, le quali per di più trasportano con sé zolle di fango staccate dalle vasche di ossidazione e fanghi in sospensione; questi scarti si sono andati depositando sul fondale marino, la cui sabbia si presenta torbida, e priva di alghe nonché di qualsiasi altra forma vivente in ragione dell’effetto deossigenante delle sostanze organiche immesse in mare mediante la condotta».

Le conclusioni della procura

Scrivono i magistrati: «Le attività di indagine svolte hanno dimostrato che l’Amap gestisce in modo totalmente illecito i fanghi di depurazione nei depuratori di Balestrate e Acqua dei Corsari: li accumula a tempo indeterminato nelle vasche dei depuratori, e poi li smaltisce in mare. Nel caso del depuratore di Carini i fanghi vengono invece smaltiti nel torrente Ciachea, che quindi li porta in mare.


I risultati delle due immersioni effettuati in data 25.2.2020 sono la prova principe della compromissione dell’ambiente provocata dallo sversamento in mare dei fanghi e degli scarti anomali provenienti dal depuratore: mentre ad una certa distanza dal pennello a mare, la situazione del sistema marino è normale, in prossimità dello stesso si ha una situazione di inquinamento che appare ictu oculi anche all’uomo comune sulla sola base dei video registrati dagli agenti della Guardia Costiera: dal pennello fuoriescono zolle di fanghi di depurazione, oltre che un continuo flusso di fanghi in sospensione. Lo scarico ha infatti prodotto un ambiente totalmente contaminato, privo di qualsiasi specie vivente e privo di quelle alghe che costituiscono la base primaria dell’ecosistema marino. Dal video si vede anche come lo scarico di fanghi e di altri rifiuti nel mare è continuo, non dipendente cioè̀ da particolari fasi di lavorazione del depuratore di Balestrate. Sotto la pressione dei liquami cittadini, vengono espulsi con un flusso continuo tutti i fanghi che intasano l’impianto, insieme appunto ai liquami».

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