martedì 1 novembre 2016

TERREMOTO IN ABRUZZO. COSA PUO' FARE LA STORIA. E. DUSI, Emanuela Guidoboni: "La lezione che viene dai disastri del passato", LA REPUBBLICA, 26 agosto 2016

ROMA. Sismologa e storica, Emanuela Guidoboni studia i terremoti e i maremoti del passato da oltre trent'anni. Nel 2015 è stata fra i curatori di Prevedibile/ Imprevedibile. Eventi estremi nel prossimo futuro (Rubbettino). "Sono amareggiata. Studio i disastri del passato e oggi sono costretta a riviverne i danni".



Perché sembra che la storia non ci abbia insegnato nulla, visto che queste regioni hanno visto disastri simili?
"È una domanda inquietante. In realtà i disastri del passato ci hanno insegnato molto, hanno lasciato memorie dettagliate delle scosse e dei danni, migliaia di documenti d'archivio, normative. È un patrimonio storico preziosissimo, che pochi paesi al mondo hanno, ma è quasi sconosciuto a chi risiede nelle aree sismiche".

Quali sono i sismi del passato più significativi?
"Ce ne sono tanti che conosciamo in dettaglio, che hanno colpito l'area in cui vediamo oggi rovine e morti. La crisi sismica più violenta fu quella iniziata nel settembre 1702, che ebbe tre picchi di alta energia il 16 e 17 gennaio, nell'area umbro-laziale, poi il 2 febbraio colpì più a sud l'aquilano (quest'ultima fu la grande scossa che distrusse l'Aquila e decine di paesi). Quella del 1703 fu una sequenza impressionante, per violenza, numero di scosse e durata. L'area colpita, che apparteneva ai due diversi governi della Chiesa e del regno di Napoli, rimase quasi spopolata per decenni, in povertà e miseria. Poi lentamente l'economia si riprese, con pochissimi incentivi".

C'erano precauzioni per difendersi in passato?
"È un grande tema di ricerca, che sta dando da alcuni anni risultati sorprendenti. Già nel mondo antico i Romani applicavano sistemi di rafforzamento antisismico. Dal Cinquecento poi ci furono diverse e chiare proposte: da Leonardo da Vinci, che propose degli archetti rovesciati sotto le fondazioni, a Pirro Ligorio: nel 1571, dopo il terremoto che distrusse Ferrara, progettò la prima casa antisismica basata su criteri anche oggi validissimi per gli ingegneri".

Perché le conoscenze della comunità scientifica non arrivano alla gente, ad amministratori e sindaci?
"Questa è una domanda che mi faccio da molti anni. È drammatico. Non ci sono barriere reali fra la comunità scientifica e la società, probabilmente solo silenzi e disattenzioni e forse in mezzo istituzioni che sottovalutano questo problema. Io metterei nella piazza di ogni paese e città a rischio un grande e stabile cartellone con i dati della Mappa di Pericolosità, una sorta di inizio d'attenzione. Poi da lì procedere alla valutazione degli edifici, coinvolgendo i proprietari, gli abitanti, dando loro un protagonismo nuovo, facendo crescere una democrazia di base, che oggi su questi argomenti non c'è. Anzi, nel sentimento diffuso della gente questi sono temi per pochi esperti. Invece è vero proprio il contrario. Le cose cambieranno quando i cittadini si sentiranno responsabili e coinvolti".

Questo sisma cambierà per sempre la storia della regione?
"Dopo ogni disastro sismico niente è più come prima. Ci sono paesi che saranno ricostruiti e cambieranno più o meno il loro volto, altri che saranno abbandonati. Questa è la storia dell'Italia, segnata da disastri sismici che accadono in media ogni 4-5 anni. E paghiamo tutti quasi 5 miliardi all'anno solo per rincorrere i danni, non per prevenirli. È un nodo cruciale
del Paese, che comporta tragedie, perdite di vite umane, di beni, di identità locali. Ma offre anche opportunità per cambiamenti di rotta e realtà nuove. È un nodo sociale, economico e culturale, che mi auguro diventi centrale per i temi del governo".

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