lunedì 13 ottobre 2014

ALLUVIONI E TERRITORIO ITALIANO. ETERNO RITORNO DELL'UGUALE. GENOVA. REDAZIONE, Genova, la grande alluvione del 1970, CORRIERE DELLA SERA, 5 ottobre 2010

MILANO - Un video e una canzone. Perché le alluvioni si dimenticano. Immagini storiche, parole poetiche e in coda carte topografiche e dati di Genova. La canzone si intitola La chitarra di Bellafontana. L’autore è Renzo Rosso, professore di Costruzioni idrauliche ed Idrologia al Politecnico di Milano, consulente di geologia e idrologia, con la passione per la chitarra. Era il 1970 e il professor aveva 18 anni. Il 7 e 8 ottobre di quarant'anni fa Genova annegava tra le acque dei torrenti. Renzo Rosso era uno dei tanti studenti che videro quell’acqua che invadeva la città, che s’infilava tra vicoli e quartiere, sconquassava le strade. «I torrenti genovesi gonfiati da una pioggia che aveva infierito sulla città per ore uscirono dagli argini trascinando via tutto e tutti. Il bilancio delle vittime fu tragico, quello dei danni pesantissimo». È l’incipit di un racconto personale che nel 1970 fu collettivo. Ma è pure qualcosa di più.




FANGO - «Una canzone ha un effetto più incisivo dei discorsi», dice Renzo Rosso . L’alluvione di Genova del 1970, la più grande della sua storia, avvenne in due giorni. Il 7 a Ponente, il torrente Leira tracimò trascinando nel fango Voltri. Nella notte il nubifragio continuò allagando i quartieri della Val Polcevera. E il giorno dopo, quando si cominciava a fare i conti di morti e danni, il copione cominciò a ripetersi a Genova città. Con la stessa violenza fu il torrente Bisagno a esondare, allargano la sua distruzione a tutto il bacino, da Marassi alla Foce, coinvolgendo pure il centro storico. Di quello che avvenne dopo, dell’acqua, e della risposta dei ragazzi che per un mese spalarono fango, ne ha cantato in Dolcenera Fabrizio De Andrè. Il professor Rosso era tra quei ragazzi, la chitarra la trovò nel fango di una bottega artigiana: «La bottega di uno dei più famosi liutati del secolo scorso», racconta.
LE CAUSE - Quarant’anni dopo il bilancio è meno drammatico. Ma i torrenti hanno di nuovo invaso Genova. Le cause? Le stesse. «È la fragilità del territorio», dice il professor Rosso, nel frattempo diventato un’autorità in fatto di alluvioni (proprio quest’anno è stato insignito della Henry Darcy Medal, il riconoscimento della European Geosciences Union, Division on Hydrological Sciences, che dal 1998 premia i migliori scienziati nel campo dell’idrologia e delle risorse idriche). «Lunedì il tasso di pioggia sul Ponente genovese è stato elevatissimo per 2/3 ore, superando le soglia centennale. Sembrerebbe quindi un evento abbastanza raro. L'impatto è aggravato dal suolo reso fraglie dal marasma urbano, dalle strade malfatte, dall'effetto degli incendi e dalla scarsa manutenzione dei rivi e dei boschi. A differenza dei terremoti, le alluvioni si scordano presto e si ritorna facilmente al marasma. Invece, tra le catastrofi naturali sono proprio le alluvioni la maggior fonte di danno economico e, nel loro insieme, la maggior causa di vittime», dice il professore. Le alluvioni non sono mai un caso. E come conclude il video: «Queste immagini ci rammentino due verbi: prevedere e provvedere».

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