venerdì 6 gennaio 2012

ITALIA/ROMA. MODICA A., Roma, città violenta, IL JOURNAL, 6 gennaio 2012

Spari a Roma: questa notte tra Pigneto e Tor Pignattara, sono stati uccisi un uomo di 31 anni e la figlia, di circa 6 mesi. Il motivo? Una rapina. La famiglia di cittadini cinesi stava tornando a casa dopo una giornata di lavoro, quando due uomini con casco in testa si sono avvicinati per rubare alla donna la borsa che conteneva l’incasso del bar gestito dalla coppia. Alla reazione dei cinesi i rapinatori hanno sparato, colpendo mortalmente padre e figlia e ferendo con un coltello la donna.


Immediati i commenti dei politici su twitter. Sul profilo del
Comune di Roma Capitale si legge “Roma si ribella a questa barbarie inaccettabile. Gli autori del delitto non sono uomini ma animali. Ma come si può uccidere una bimba così piccola, vita innocente incapace di nuocere a nessuno?”. Mentre il vicesindaco e assessore al Welfare Sveva Belviso esprime la sua solidarietà a tutta la comunità cinese, e chiede “una risposta decisa e immediata allo Stato per garantire la sicurezza nella nostra città”.
Da questa notte 140 volanti sono impegnate nella ricerca dei due killer. La questione sicurezza si ripropone, dopo un anno, il 2011, che ha visto registrarsi 35 morti violente, per uno scenario da ‘far west’ denunciato già lo scorso ottobre dall’
Associazione nazionale delle forze di polizia.
Il presidente della Provincia,
Nicola Zingaretti, interpellato a margine di una visita al carcere di Rebibbia, ha denunciato la drammaticità della situazione. “L’elenco dei fatti di cronaca ci propone il volto di una disgregazione e spesso di una solitudine di territori che si sentono abbandonati e lasciati alla mercè di scorribande criminali. Questo è intollerabile- ha continuato- Va riscoperta una coesione sociale che unisca la città e insieme vanno costruite le condizioni affinché processi di infiltrazione della delinquenza, forse troppo a lungo negati, ora devono essere repressi”. Oltre a reprimere, secondo il Presidente, “bisogna riscoprire uno spirito di comunità che tolga spazi alla capacità di queste bande di sentirsi padrone nel nostro territorio e per questo serve l’impegno di tutti”.
Alla costante crescita di fenomeni come il racket, lo spaccio e l’usura, si aggiunge, dunque, la preoccupazione per l’emergere nella Capitale di una forte malavita autoctona in contatto con i cartelli mafiosi operanti sul territorio. Difficile capire, però, se gli omicidi che hanno insanguinato la città negli ultimi mesi siano frutto di una guerra tra bande che non hanno contatto con la criminalità organizzata o se dietro ci sia qualcosa di più.
Quello che sembra più evidente è che oggi Roma non ha ‘un solo padrone’. E questa ‘multiproprietà’ sta diventando pericolosa anche perché uccidere non è più una risorsa in extremis, ma semplicemente una delle tante opzioni per ottenere ciò che si vuole.
Secondo
Otello Lupacchini, ex giudice istruttore del processo alla banda della Magliana, “‘Ndrangheta e Camorra si muovono da tempo nello spazio silenzioso e rarefatto dei grandi affari, del riciclaggio, del narcotraffico e non hanno più uomini in grado di garantire un controllo capillare del territorio. O, probabilmente, non ritengono di doverne impiegare”. Così sono stati aperti grandi spazi a un livello più basso del mercato criminale “e la lotta si è fatta sanguinosa. Si ammazza o si progetta di ammazzare con impressionante facilità e con altrettanto impressionante sproporzione rispetto al risultato che si vuole ottenere”.
Il sindaco di Roma Capitale,
Gianni Alemanno, che durante la campagna elettorale nel 2008 si era fatto alfiere di politiche sicuritarie, oggi si ritrova a dover ammettere che il suo piano sicurezza va cambiato, visti i pessimi risultati.

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