1.
Nuovo colpo per le compagnie petrolifere che stanno cominciando a pagare per i danni all’ambiente che stanno creando. Il colosso mondiale Chevron è stato infatti condannato a pagare 18,2 miliardi di dollari dal tribunale ecuadoriano, ad un gruppo di 30 mila cittadini di Lago Agrio che avevano visto il proprio territorio devastato dalla Texaco, la compagnia petrolifera che nel 2001 si è fusa nella Chevron.
Già nel 2011 la corte d’appello della provincia di Sucumbios aveva condannato il colosso a pagare poco più di 8 miliardi di dollari, aggiungendo l’obbligo delle scuse ufficiali al popolo. Ma l’azienda non solo si era rifiutata di scusarsi, ma aveva pure fatto ricorso. E così nei giorni scorsi questa sentenza peggiorata, e di molto, potrebbe mettere la parola fine alla questione.
Il motivo della denuncia da parte dei cittadini che abitano all’interno e nelle vicinanze dell’Amazzonia ecuadoriana bisogna ricercarlo nell’attività della Texaco iniziata sin dagli anni ’70. Si calcola che sin da allora l’azienda petrolifera abbia sversato 68 miliardi di litri di prodotti tossici che hanno inquinato fiumi e laghi, ammazzando la foresta e tutto ciò che ci viveva dentro. Tutto ciò ha portato a piogge acide, carenza di fauna, e persino alla formazione di veri e propri laghi di petrolio.
L’azienda era convinta di essersela cavata una decina di anni fa con qualche milione di dollari da spendere per bonifiche che non sono servite a nulla, se non per pura facciata, ma che erano state considerate sufficienti dal Governo dell’Ecuador che aveva firmato una specie di “trattato di non belligeranza”. Ma questo accordo non è andato giù ai cittadini ed alle associazioni ambientaliste che hanno intrapreso la class action ed oggi l’hanno anche vinta. Almeno sulla carta, perché la Chevron non sembra intenzionata a pagare e continua a denunciare alterazione delle prove e corruzione. Vedremo come andrà a finire, ma intanto le compagnie petrolifere ora cominciano a vedere le conseguenze delle loro azioni.
IL FATTO-ECOLOGIAE.COM
2.
Nueva Loja (Ecuador), 14 febbraio 2011, la multinazionale americana Chevron dovrà versare 8,6 miliardi di dollari agli indigeni ecuadoregni delle regioni del Nord del Paese, contaminate dalle sostanze nocive rilasciate nell’ambiente dalla stessa Chevron (ex Texaco) nel corso di 40 anni.
Con una sentenza di primo grado emessa dalla Corte Provinciale di Giustizia di Sucumbíos presso Nueva Loja (una cittadina sorta negli anni ’60 in Ecuador, nel cuore della foresta, per lo sviluppo dell’industria petrolifera nella zona), la società petrolifera americana Chevron è stata condannata al pagamento di un risarcimento multimiliardario: 8,6 miliardi di dollari, pari a circa 6 miliardi di euro.
Tutto questo a favore degli indigeni ecuadoregni che da anni lottano contro l’inquinamento causato dalla multinazionale americana all’Amazzonia e alle loro terre. Oltre a ciò, la sentenza prevede anche il pagamento di circa un miliardo di dollari che la Chevron dovrà versare all’associazione Amazon Defense Coalition, che rappresenta tutti i ricorrenti.
Il processo è iniziato nel 2003, tra infiniti ostacoli e difficoltà; infatti la sentenza arriva dopo anni di battaglie legali. Inoltre, i reati di cui la Chevron è stata riconosciuta colpevole si riferiscono a un periodo durato circa 40 anni (dal 1964 al 1990), in cui la società Texaco (acquisita nel 2001 dalla Chevron) ha lavorato indisturbata nel territorio ecuadoregno, scaricando tonnellate e tonnellate di rifiuti tossici nelle terre amazzoniche, contaminando infiniti ettari di terra e provocando di conseguenza irreparabili danni all’ambiente e alla salute degli indigeni che abitano le regioni nel Nord dell’Ecuador.
In particolare, la multinazionale è stata riconosciuta colpevole di aver scaricato nei fiumi che attraversano le province di Sucumbíos e Orellana quasi 465 milioni di barili di acque contaminate, contenenti particelle di idrocarburi e metalli cancerogeni. Si tratta in pratica di 68 miliardi di litri di rifiuti tossici, cui aggiungere almeno 900 pozze piene di residui delle estrazioni petrolifere abbandonate nella foresta, e altri 64 milioni di litri di greggio rilasciati nell’ambiente a causa di rotture accidentali di oleodotti.
Pablo Fajardo, rappresentante dei 30.000 ecuadoregni che si sono costituiti parte civile nel processo di primo grado, ha descritto la sentenza come “un trionfo della giustizia sui crimini e il potere economico della Chevron”.
Si tratta veramente di una sentenza storica, soprattutto per quanto riguarda l’ammontare del risarcimento, che supera quello inizialmente inflitto a Exxon-Mobil per un altro storico disastro ambientale, quello del 1989 in Alaska.
Tuttavia, il risarcimento richiesto e documentato dall’accusa ammontava a circa 27 miliardi di dollari. Anzi, Pablo Fajardo, a questo proposito, afferma che i danni provocati dalla società petrolifera siano in realtà decisamente superiori.
Infatti, lo stesso Fajardo ha dichiarato che secondo un rapporto recentemente presentato in tribunale i danni potrebbero ammontare a 113 miliardi di dollari. Ed è proprio sotto questo profilo che i 30.000 ecuadoregni ricorrenti avrebbero intenzione di presentare ricorso avverso la sentenza dello scorso 14 febbraio.
In particolare, tale risarcimento verrebbe impiegato per risanare i terreni contaminati, per garantire le cure mediche alle vittime dell’inquinamento, nonché per ricreare l’originario ecosistema.
A questo proposito, occorre richiamare alcuni dati importanti sulla mortalità in Ecuador, che sono il frutto di una recente ricerca condotta dall’organizzazione Amazon Defense Coalition: questo disastro ambientale potrebbe provocare quasi 10.000 morti di cancro entro il 2080, e ciò anche se la Chevron realizzasse un’imponente e immediata opera di risanamento.
In tutto ciò, non è mancata un’immediata reazione della Chevron, che ha dichiarato che la sentenza è illegittima e ha già annunciato che presenterà ricorso in appello in Ecuador. La multinazionale americana sostiene infatti che questa decisione sia il prodotto di una truffa, oltre che contraria alle risultanze scientifiche. E annuncia che non intende pagare il risarcimento.
La Chevron inoltre, stando a quanto disposto dalla sentenza, dovrà presentare pubblicamente le sue scuse, attraverso la stampa statunitense ed ecuadoregna, entro 15 giorni; diversamente, il risarcimento danni aumenterebbe ulteriormente, in quanto la sentenza in questo caso prevede il raddoppio della multa.
Per concludere, si deve menzionare che anche il governo dell’Ecuador, alla notizia della sentenza in commento, si è pronunciato a favore delle popolazioni delle regioni contaminate, e Rafael Correa, presidente socialista dell’Ecuador dal 2007, ha anche affermato che nessun risarcimento restituirà la salute ai suoi concittadini e l’ecosistema dell’Amazzonia.
Kikukula è una città ugandese. In Uganda, come in altre regioni africane, grandi multinazionali occidentali e non solo stanno acquistando terreni agricoli, cacciano le popolazioni che vi abitano e promuovono forme di business completamente estranee alle culture economiche locali. Il territorio ancora oggi come scenario di sfruttamento, competizione e lotta per la sopravvivenza e la sopraffazione.
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