Forse oggi Sinbad il Marinaio non riconoscerebbe le coste della Penisola arabica dove, secondo il racconto narrato da Sharazade nelle Mille e una Notte, approdò ai tempi di Harun al-Rashid, califfo di Baghdad della dinastia degli Abbasidi. Le geografia del luogo, in più di 1500 anni di storia, è stata lentamente modificata dall'innalzamento del livello del mare. A ciò si è aggiunta, in tempi recenti, l'erosione causata dagli enormi progetti edilizi in corso nel Golfo Persico. In particolare, in Oman, l'antica località di Bandar Jissah, considerata la città natale di Sinbad, potrebbe sprofondare sotto il livello del mare nei prossimi decenni. La massiccia costruzione di alberghi e la trasformazione di questa piccola baia naturale in un luogo di turismo di massa potrebbe compromettere per sempre la sopravvivenza di questo magico sito.
«La costa dell'Oman è in pericolo, sprofonda ogni anno di alcuni millimetri, ciò significa che nell'arco di cinquant'anni, potrebbe abbassarsi di 15-20 centimetri, con conseguenze ambientali disastrose». A lanciare l'allarme è Goesta Hoffman, professore di scienze della terra dell'Università tedesca di tecnologia (GUtech) in Oman. «È necessario quantificare con precisione questi movimenti poiché lungo la costa del paese stanno fiorendo grandi progetti edilizi», ha sottolineato durante una conferenza tenutasi il 16 gennaio nell'Università Sultan in Oman, secondo quanto riportato dal quotidiano degli Emirati arabi uniti Gulf News. Un'accurata misurazione degli spostamenti della costa certo non potrà prevenire l'innalzamento del livello del mare, ma potrebbe almeno rendere più sostenibili i nuovi piani di costruzione edilizi, così invasivi e dannosi per l'ambiente.
Ma la minaccia non si limita a questo sultanato arabo affacciato sul Golfo Persico. Anche tante altre località del Medio Oriente e della Penisola Arabica sono in pericolo, come Alessandria d'Egitto, il Delta del Nilo, Dubai e molti siti archeologici che sorgono sulle coste libanese ed israeliana. Cesarea è uno di questi. L'allarme per questa antica città, fondata da Erode il Grande intorno al 20 a.C. e dedicata all'imperatore romano Cesare Augusto, è stato lanciato poco più di un anno fa dall'Autorità israeliana per la protezione della natura e per la tutela dei parchi nazionali. E la causa principale non sarebbe il riscaldamento globale. «La sabbia del mare non riesce a raggiungere la costa poiché viene fermata dalle infrastrutture costruite dall'uomo, come i porti, le marine e i grandi edifici moderni» ha spiegato, alla rivista on-line di ecologia Green Prophet, il professor Zeev Margalit, architetto e direttore per la Conservazione e per lo sviluppo dell'Autorità israeliana che si occupa del mantenimento dei siti naturali ed archeologici del paese. Di conseguenza il vecchio porto di Cesarea e i resti archeologici potrebbero presto crollare ed essere portati via dal mare, a meno che non si prendano provvedimenti fin da subito. «La soluzione sarebbe quella di 'importare' della sabbia dall'esterno e di creare un argine fuori dal porto in modo da incentivare un insabbiamento dell'area» ha continuato Margalit.
Soluzioni che tuttavia si limitano a curare gli effetti senza rimuovere le cause. L'innalzamento delle acque e la massiccia costruzione edilizia sono sfide reali e concrete che i paesi del Medio Oriente dovranno affrontare. L'attività umana, in modo diretto o indiretto, sta provocando danni irreparabili all'ambiente e all'ecosistema marino e terrestre. E se non si agisce subito, tra qualche anno sarà davvero troppo tardi.
Kikukula è una città ugandese. In Uganda, come in altre regioni africane, grandi multinazionali occidentali e non solo stanno acquistando terreni agricoli, cacciano le popolazioni che vi abitano e promuovono forme di business completamente estranee alle culture economiche locali. Il territorio ancora oggi come scenario di sfruttamento, competizione e lotta per la sopravvivenza e la sopraffazione.
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