Cassinetta di Lugagnano. Una volta questo Comune era famoso solo perché c’è L’Antica Osteria del Ponte, che fu insignita delle stelle Michelin. Oggi, invece, è famosa perché il sindaco Domenico Finiguerra l’ha battezzata (ormai da tempo) “primo comune italiano a crescita zero”. Ossia, in Cassinetta non si possono costruire nuove abitazioni, ma si può solo recuperare l’esistente.
Ed è logico, perciò, che proprio a Cassinetta si tengano le manifestazioni del Movimento Stop al Consumo di Territorio e ora le iniziative consequenziali di Salviamo il Paesaggio.
E giusto sabato scorso si è tenuta (all’aperto, tanti erano i partecipanti) la prima assemblea nazionale di Salviamo il Paesaggio. È stata una giornata importante, ma non perché hanno parlato Carlìn Petrini (peraltro fortemente contestato) e Giulia Maria Crespi, ma perché c’erano e hanno preso la parola tante persone comuni e, soprattutto, diversi contadini. A mio modo di vedere questo è stato l’aspetto più importante: il vedere che chi vive la terra ormai non tollera più di vedersi espropriato della stessa, ma anche solo di sapere che a pochi passi da dove coltiva i campi passa una nuova tangenziale.
L’assemblea ha ratificato la nascita del Forum, tipo quello creatosi per i referendum sull’acqua pubblica, con tre specifici scopi: fare un censimento in tutti i Comuni italiani degli alloggi sfitti o degli edifici inutilizzati; una proposta di legge di iniziativa popolare per la tutela del paesaggio e del suolo; una campagna di comunicazione.
In Italia sta crescendo sempre di più l’indignazione e la preoccupazione per l’insensata distruzione del territorio a cui contribuiscono un’incultura diffusa (un po’ tipica, ammettiamolo, dei paesi latini: non per niente al Movimento c’è purtroppo una scarsa partecipazione del Mezzogiorno d’Italia) di tutela del bene terra, e una politica prona quasi esclusivamente ai voleri della lobby del cemento e dell’asfalto.
Ma una cosa bisognerebbe ficcarsi bene in testa, e cioè che tutelare il paesaggio oggi non significa solo tutelare un elemento di bellezza (come intendeva originariamente la formulazione dei padri costituenti con l’art. 9), ma significa anche tutelare la campagna, chi vi abita, difenderla possibilmente dalle multinazionali della chimica, opporsi alle importazioni insensate di beni agricoli, e quindi ai trasporti su lunghe distanze ed all’inquinamento globale. Alla fin fine, a ben vedere, tutelare in tal modo il paesaggio significa tutelare noi stessi e il sistema-salute del paese, come giustamente ha ricordato la Crespi.
Mi permetto di aggiungere che nella campagna di comunicazione occorrerebbe rilanciare con forza la figura del contadino. Chi coltiva la terra nella nostra società dell’immagine non ha mai l’onore delle cronache, nonostante l’importanza della sua opera. In primo piano, per assurdo e purtroppo, ci sono sempre quei loschi figuri che ci stanno conducendo alla rovina.
Mai chi invece ci dà da mangiare…
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