NEW YORK . La minaccia è duplice: da una parte gli indiani Navajo, dall’altra un gruppo immobiliare (sostenuto da una finanziaria italiana). Oggetto del contendere una delle sette meraviglie del mondo (naturale), una delle mete turistiche più affascinanti, emozionanti e battute al mondo: il Grand Canyon.
«È la più grave minaccia della storia», urla (un po’ retoricamente) dalle pagine del Los Angeles Times Dave Uberuaga, il sovrintendente del Grand Canyon National Park. Dal Mohave Point, il punto di osservazione sul bordo Sud del parco, lì dove ogni giorno si accalcano turisti di ogni risma e paese, in un prossimo futuro si potrebbe in effetti vedere (al posto della meravigliosa vista che si allunga tra le rocce fino al fiume Colorado) uno sciame di costruzioni. Alberghi, ristoranti e negozi uno in fila all’altro lungo la “mesa”, l’altopiano che porta alla riserva Navajo. Oppure una moderna teleferica che trasporti i turisti dal basso in alto e viceversa.
I progetti su cui è stato lanciato l’allarme sono due, non collegati tra loro né come idea né finanziariamente. La teleferica nasce dall’immaginazione dei moderni pellerossa di una delle più famose tribù di “nativi americani” (il termine politicamente corretto con cui vengono oggi chiamati gli indiani dei western). La “Grand Canyon Escalade” dovrebbe portare i turisti (sono cinque milioni all’anno) — che oggi si limitano in stragrande maggioranza ai posti di osservazione — fino alla base del Canyon, facilitando una discesa (e soprattutto una risalita) attualmente possibili solo a piedi o a dorso di mulo. A chi li critica i Navajo rispondono portando l’esempio della tribù rivale degli Hualapai, sulla cui terra (nella parte occidentale del Grand Canyon) è stato costruito un popolare “skywalk” (il sentiero con vetrate a strapiombo) e che dal 2007 offrono ai turisti un tour in elicottero per atterrare nella loro riserva. Con la teleferica c’è un po’ di differenza, ma l’argomento non manca di una certa ragione.
Il secondo progetto vede invece protagonista lo Stilo Development Group, una società di costruzioni (fa capo al Gruppo Percassi di Bergamo) con sedi in Italia e negli Stati Uniti. Che prevede la costruzione di 2.200 abitazioni e circa 300mila metri quadrati di spazi commerciali nel piccolo villaggio di Tusayan (Arizona), una comunità di 558 anime (censimento del 2010), la cui grande fortuna è quella di essere stato costruito proprio all’ingresso sud del Grand Canyon. Tom De Paolo e i suoi partner della Stilo sono più di vent’anni (per l’esattezza dal 1991, quando iniziarono a comprare in modo meticoloso i terreni privati vicino alla Kaibab National Forest) che provano a costruire all’interno del Grand Canyon. Bloccati per due decenni, a causa delle scarse fonti idriche della zona, adesso stanno per vincere la loro battaglia.
Ecco spiegato l’allarme di Dave Uberuaga. I due possibili eventi, messi assieme, rischiano di alterare il celebre panorama e di mettere in pericolo il fragilissimo ecosistema di una delle meraviglie del mondo: il tutto mentre la zona sta attraversando la peggior siccità degli ultimi cento ann
Kikukula è una città ugandese. In Uganda, come in altre regioni africane, grandi multinazionali occidentali e non solo stanno acquistando terreni agricoli, cacciano le popolazioni che vi abitano e promuovono forme di business completamente estranee alle culture economiche locali. Il territorio ancora oggi come scenario di sfruttamento, competizione e lotta per la sopravvivenza e la sopraffazione.
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