La legge che istituisce le città metropolitane ha una connotazione ambivalente, se da un lato ha la forza di una legge che “muove” una realtà fino ad oggi virtuale (forse in sé il movimento non può essere assunto come valore), dall’altro crea un sistema di incertezze. Incertezze che investono sia i rapporti tra i diversi soggetti amministrativi sia la governance “politica” della nuova aggregazione (rischio coabitazione tra maggioranza del consiglio ed esecutivo?) che in questa fase sembra mettere a sistema le singole debolezze più che creare un nuovo soggetto forte.Ciò che preoccupa maggiormente è che il presupposto “politico” di tale epocale trasformazione sia intimamente sbagliato: la spending review come vettore di azioni per rendere efficiente ed efficace la pubblica amministrazione.Voler creare infatti una nuova aggregazione amministrativa e territoriale, così complessa, a partire dal tema dell’efficientamento dei servizi e della riduzione dei costi, pare essere un motivo insufficiente (e con scarsa capacità ci aggregazione, anzi ad alto potenziale di conflittualità) e non del tutto realizzabile nel brevissimo periodo.
Giova forse ricordare, come alcuni hanno fatto, che andrebbe trovata una risposta, anche normativa, all’orizzonte temporale di tale trasformazione e della conseguente condizione transitoria (il processo di “metropolizzazione” di un territorio è di lungo periodo, Barcellona ha lavorato per 12 anni prima di arrivare alla definizione del sistema di relazioni efficiente).Ma qui ci stiamo obbligando a costruire delle nuove cattedrali. La rappresentazione plastica delle ambizioni, delle speranze, della fede, della coesione delle comunità interessate, proprio come per le grandi fabbriche del medioevo. È necessario un progetto “collettivo” in grado di essere il catalizzatore di interessi convergenti e di una nuova comunità metropolitana.Così come le grandi cattedrali dovevano poter essere viste da ogni parte del contado, le città metropolitane dovranno essere il luogo, anche simbolico, di aree incredibilmente grandi per la storia italiana, tanto che risulta poco comprensibile l’assoluta indifferenza relativamente al tema delle aree interne e dei rapporti tra area metropolita e contesto delle aree vaste.Ma forse qui la battaglia è prima ancora ideologica che politica.Ci stiamo convincendo che le città siano luoghi dove erogare servizi, e che quindi l’efficienza e l’efficacia della pubblica amministrazione possa essere il “lievito” del nostro futuro benessere.Frutto di questo convincimento è certo l’importanza data alla pubblicazione presentata dal Dipartimento della Funzione Pubblica inerente “Gli indicatori per la misurazione e la valutazione della performance dei servizi nelle Grandi Città”. Pubblicazione che illustra un’analisi pilota sugli indicatori per la misurazione e la valutazione della performance dei servizi in uso in 12 città italiane: Bari, Bologna, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia. Praticamente il nucleo delle future città metropolitane.Scriveva Albert Einstein: “Non si può risolvere un problema con lo stesso modo di pensare che ha creato il problema”.Abbiamo bisogno di grandi progetti, di cattedrali contemporanee, per cose mai viste prima.
Kikukula è una città ugandese. In Uganda, come in altre regioni africane, grandi multinazionali occidentali e non solo stanno acquistando terreni agricoli, cacciano le popolazioni che vi abitano e promuovono forme di business completamente estranee alle culture economiche locali. Il territorio ancora oggi come scenario di sfruttamento, competizione e lotta per la sopravvivenza e la sopraffazione.
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