Se si trattasse di calcio sarebbe normale, Manchester che batte Londra, ma qui si parla di vivacità dei centri cittadini: yuppies, negozi chic, locali alla moda, palestre. È davvero una sorpresa che nella classifica di Experian, un’azienda di ricerche mirate al business, il centro di Manchester sia al primo posto, più «vibrante» di quello della capitale, del mitico quartiere di Kensington che insegue dopo una vita al comando.
Dal 2001 al 2011 la città dei canali è balzata dal 21° al primo posto, contraddicendo apparentemente, la tradizionale contrapposizione inglese tra un Sud ricco e un Nord povero. Un divario che comunque rimane come un macigno: il nuovo governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney lo ha appena citato, per ammonire il governo che la ripresa non funziona se si vede soltanto a Londra.
Il cuore di Manchester è Albert Square, intitolata a Alberto di Sassonia-Coburgo Gotha (tutto tedesco il vertice della nobiltà inglese…) che si comportò con grande dignità nel non invidiabile ruolo di principe consorte della regina Vittoria e morì poco più che quarantenne. La sua statua fissa il frastagliato municipio neogotico, insieme galleggiano come una barca antica in mezzo a un mare di cemento, vetro e acciaio. Tutto il compatto centro storico ha meno di vent’anni. Ricostruito nel 2000 dopo le devastazioni delle bombe dell’Ira nel 1996.
Il simbolo visivo del cuore cittadino è appena più in là, sulla Deansgate, la strada che anticamente conduceva al forte romano. C’è la sagoma rossiccia finto-gotica della John Rylands Library, con le sale di lettura dalle volte ad arco, dove uno vorrebbe dimenticare la vita e fermarsi a leggere, e c’è il parallelepipedo sghimbescio di vetro del negozio di Armani, con l’ingresso coperto da una cabina vetrata del ristorante super-chic Australasia che sta sottoterra. Di fianco ancora strutture metalliche e vetrate: la sede della Royal Bank of Scotland. Al fondo della via, sulla sinistra, cresce la Beetham Tower che pare fatta di lastre di vetro incollate una sopra l’altra.
Metà Hotel Hilton, metà appartamenti residenziali da un milione di sterline, cifra normale a Londra, che fa ancora impressione qui, la torre di 47 piani è il palazzo più alto d’Inghilterra, se si escludono i grattacieli della capitale. Si maligna che l’incongrua struttura di tubi metallici sulla cima sia stata messa apposta dare ancora un’alzatina e arrivare al record.
I numeri si possono aggregare in molti modi che a volte non corrispondono ai nostri sensi. A prima vista il centro di Manchester non sembra certo più «vibrante» di Kensington. Sarebbe inimmaginabile ad esempio trovare così (relativamente) poche persone per strada a Londra. Nella capitale tutto è più caotico, la gente cammina troppo in fretta, come se fosse inseguita. Ma, forse , è proprio qui che cominciano a emergere le qualità di Manchester.
«Decisamente si vive più rilassati che nella capitale - dice Marcus Emadi, 26 anni, titolare di Jack Spratt, un bar-ristorante di Dalton Street dove la sera si suona musica live -. Però c’è molto giro, non passa un giorno che non apra un locale nuovo».
È d’accordo Jamie Flynn, 32 anni, barista all’Old Nag Head, in un vicolo che taglia Deansgate: «È tutto più piccolo ma non farei cambio con Londra. Sì, specialmente la settimana successiva alla paga, diventa tutto molto “vibrante”. La sera c’è gente ovunque. Anche nel Northern Quarter hanno aperto un sacco di locali alternativi». Al movimento contribuiscono volentieri i circa 80 mila universitari. Solo la Manchester University, l’ateneo più grande del Regno Unito, col maggior numero di premi Nobel nello staff, ha 40 mila studenti. «Gli universitari portano una sana confusione - dice ridendo Sarah Jones (non è il vero nome), commessa ventiseienne del negozio di vestiti trendy Allsaints - è molto più facile fare amicizia che non nella capitale».
In pieno centro è piantata una scheggia del passato tessile e operaio: il People’s History Museum, dove un grafico su un’intera parete mostra la storia degli ultimi, dalla conquista del diritto al voto a oggi. Durante il recente congresso del partito conservatore che si è tenuto in città, sindacati e studenti hanno protestato contro i tagli al sistema sanitario. La Manchester vibrante ha infatti la sua ombra.
I tagli governativi hanno colpito duro. Dice Peter Urwin, portavoce di Unison, il sindacato dei lavoratori pubblici: «Il centro incarna una cultura vibrante, certo, ma dal 2010 i dieci consigli comunali della Grande Manchester hanno perso 1,2 miliardi. La media nazionale pro capite dei tagli è di 105 sterline, qui è di 280. Possiamo dire che i sacrifici imposti a Manchester sono quasi tre volte quelli della media nazionale e dieci volte di più di quelli in alcune aree ricche del Sud».
Alla fine, se si gratta la crosta vibrante, esce il vecchio divario con il Sud. Una percezione non solo psicologica. «Negli ultimi tre anni il Nord-Ovest dell’Inghilterra ha perso 85 mila posti di lavoro pubblici», spiega Urwin. È il guaio di questa ripresa britannica molto ineguale: in diverse zone del Paese s’intravede con il computer, ma con gli occhi proprio no.
Kikukula è una città ugandese. In Uganda, come in altre regioni africane, grandi multinazionali occidentali e non solo stanno acquistando terreni agricoli, cacciano le popolazioni che vi abitano e promuovono forme di business completamente estranee alle culture economiche locali. Il territorio ancora oggi come scenario di sfruttamento, competizione e lotta per la sopravvivenza e la sopraffazione.
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