"Sceso dal treno ho fatto un giro a piedi per la mia città. Sembrava un posto diverso, sconosciuto, con quelle facciate che erano disperate imitazioni dei grattacieli di cristallo di New York. Da ogni angolo spuntavano strutture di dubbia qualità architettonica in cui abbondavano vetro, plastica, silicone ed alluminio bianco, che si sporcava subito: l'effetto complessivo era quello di una clinica veterinaria di provincia.
Anche le facce delle persone erano cambiate in peggio: prima incrociandoti ti guardavano negli occhi, ti salutavano, si sentiva la vicinanza, l'unione, l'appartenenza alla comunità, ora erano tutti "individui liberi" e si comportavano da perfetti abitanti di un'isola deserta, ognuno con lo sguardo fisso all'orizzonte, oppure ai propri piedi. Sentivo addosso una carica micidiale di odio: l'odio mi consumava da dentro, portandomi a disprezzare tutto".
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