accoglierli.
La stima è del Global Footprint Network, l’organizzazione di ricerca fondata da Mathis Wackernagel. La data dell’Overshoot Day è il sigillo di insostenibilità dell’anno, misura gli errori economici, prima che ambientali, commessi: dallo spreco di risorse, all’uso sfrenato di combustibili fossili.
“All’inizio del Novecento l’umanità consumava 6 miliardi di tonnellate di materiali (comprendendo minerali, biomasse e combustibili fossili).
Nel 1970 si era arrivati a 26,7 miliardi di tonnellate. Nel 2017 a 88,6 miliardi. Cioè nell’arco di poco più di un secolo, mentre la popolazione si moltiplicava per cinque (la maggiore crescita nella storia dell’umanità), il consumo di risorse si moltiplicava per 14: un ritmo quasi triplo. Se questo trend proseguisse, a metà secolo l’asticella salirebbe a 180 miliardi di tonnellate”, calcola Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile.
All’inizio degli anni Settanta l’impronta ecologica dell’umanità ha superato la capacità di produzione rinnovabile del pianeta. E da allora il deficit è andato crescendo. Lo squilibrio si sta ancora accentuando, anche se il ritmo del peggioramento è rallentato.
"Oggi potrebbe non sembrare diverso da ieri, dal momento che c'è ancora lo stesso cibo nel frigorifero", ha detto Wackernagel commentando i dati. "Ma gli incendi imperversano negli Stati Uniti occidentali. Dall'altra parte del mondo, i residenti di Città del Capo hanno dovuto dimezzare il consumo di acqua dal 2015. Queste sono le conseguenze del saccheggio del 'capitale' ecologico del nostro solo ed unico pianeta”. Tuttavia qualche segnale in controtendenza si comincia a cogliere. L'impronta ecologica della Cina è diminuita dello 0,3% dal 2013 al 2014 dopo un aumento costante dal 2000. Altri Paesi con un forte calo dell’impronta ecologica dal 2000 sono: Singapore (-32,1%), Bahamas (-26,2%), Danimarca (-19,0%); Stati Uniti (-18,4%), Regno Unito (-16,6%) e Francia (-15,5%).
La stima è del Global Footprint Network, l’organizzazione di ricerca fondata da Mathis Wackernagel. La data dell’Overshoot Day è il sigillo di insostenibilità dell’anno, misura gli errori economici, prima che ambientali, commessi: dallo spreco di risorse, all’uso sfrenato di combustibili fossili.
“All’inizio del Novecento l’umanità consumava 6 miliardi di tonnellate di materiali (comprendendo minerali, biomasse e combustibili fossili).
Nel 1970 si era arrivati a 26,7 miliardi di tonnellate. Nel 2017 a 88,6 miliardi. Cioè nell’arco di poco più di un secolo, mentre la popolazione si moltiplicava per cinque (la maggiore crescita nella storia dell’umanità), il consumo di risorse si moltiplicava per 14: un ritmo quasi triplo. Se questo trend proseguisse, a metà secolo l’asticella salirebbe a 180 miliardi di tonnellate”, calcola Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile.
All’inizio degli anni Settanta l’impronta ecologica dell’umanità ha superato la capacità di produzione rinnovabile del pianeta. E da allora il deficit è andato crescendo. Lo squilibrio si sta ancora accentuando, anche se il ritmo del peggioramento è rallentato.
"Oggi potrebbe non sembrare diverso da ieri, dal momento che c'è ancora lo stesso cibo nel frigorifero", ha detto Wackernagel commentando i dati. "Ma gli incendi imperversano negli Stati Uniti occidentali. Dall'altra parte del mondo, i residenti di Città del Capo hanno dovuto dimezzare il consumo di acqua dal 2015. Queste sono le conseguenze del saccheggio del 'capitale' ecologico del nostro solo ed unico pianeta”. Tuttavia qualche segnale in controtendenza si comincia a cogliere. L'impronta ecologica della Cina è diminuita dello 0,3% dal 2013 al 2014 dopo un aumento costante dal 2000. Altri Paesi con un forte calo dell’impronta ecologica dal 2000 sono: Singapore (-32,1%), Bahamas (-26,2%), Danimarca (-19,0%); Stati Uniti (-18,4%), Regno Unito (-16,6%) e Francia (-15,5%).
P.S. Buone vacanze a chi le fa, buona estate a tutti. Eco-logica riprende a fine agosto
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