È arrivata una flottiglia nipponica, ma pochi giorni fa erano stati degli attivisti di Hong Kong a sbarcare sugli scogli
Via vai di missioni «patriottiche» in mare, superlavoro dei funzionari governativi di Tokyo e Pechino. Quelle che il Giappone chiama Senkaku, che per la Cina sono le Diaoyu e che entrambi i Paesi rivendicano come parte del loro territorio, sono di nuovo isole nella corrente perigliosa della storia e della politica. Le autorità nipponiche avevano appena rispedito indietro gli attivisti salpati una settimana fa da Hong Kong su un'imbarcazione chiamata «Difesa delle Diaoyu II» e approdati su una di quelle schegge di terra, che una contro-missione mette di nuovo a rischio i rapporti tra le due nazioni. Che, per quanto partner commerciali, continuano a considerarsi con diffidenza, se non a detestarsi.
Stavolta la spedizione è stata organizzata da politici giapponesi nazionalisti, la cui flottiglia di 20 barche è arrivata davanti alle Senkaku/Diaoyu domenica all'alba. Secondo quanto riportato da un cronista dell' Afp ospite a bordo, la flottiglia ha attraccato davanti all'isola di Uotsurijima, la maggiore dell'arcipelago. Il gruppo di 150 persone vuole «celebrare» i caduti del Giappone imperiale. Da Tokyo gli è stato formalmente vietato di mettere piede sulle isole, per evitare un deteriorarsi ulteriore dei rapporti con la Repubblica Popolare. La quale ha lanciato i soliti avvertimenti, benché avesse fatto sapere di aver apprezzato la decisione nipponica di rispedire indietro, e non tenere in carcere, gli attivisti di Hong Kong.
Le dispute territoriali assediano il Giappone. Sono tre, con tre Paesi vicini, e riguardano risorse energetiche e ittiche, rotte commerciali e radicati orgogli. E se il contenzioso con la Russia per le isole Curili resta insidioso ma senza recenti fatti nuovi, quella in atto in queste ore è una delle due crisi che attraversano una fase acuta.
Gli Usa assistono con nervosismo. Oltre al duello per le Senkaku/Diaoyu, la crisi tra Giappone e Corea del Sud infatti riguarda due suoi alleati cruciali. La causa del contendere? Un altro mini arcipelago. Si tratta delle isole Takeshima, Dokdo per i coreani (che le controllano), appena visitate dal presidente conservatore Lee Myung-bak, teso a consolidare a Seul le credenziali nazionaliste del suo partito in un anno elettorale.
Il premier giapponese Yoshihiko Noda ha annunciato un ricorso alla Corte internazionale di giustizia dell'Aja, indispettendo la Cina, non direttamente coinvolta ma avversa all'uso di strumenti giuridici e formule multilaterali, preferendo il confronto bilaterale. Noda, rasoterra nei sondaggi, deve maneggiare il ruvido malumore di Corea del Sud e Cina pure per la visita «a titolo personale» compiuta da due suoi ministri al tempio di Yasukuni, dedicato ai caduti, criminali di guerra inclusi.
Per gli Stati Uniti, già ai ferri corti retorici con Pechino per le isole del Mar Cinese Meridionale (rivendicate da Vietnam, Filippine e altre nazioni), ormai l'Asia stessa con le sue acque costituisce un arcipelago di tante crisi, potenziali o in corso. Con Barack Obama che a novembre si gioca la presidenza e la Cina sul punto di rinnovare la sua leadership, gli Usa si sarebbero volentieri risparmiati lo spettacolo.
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