Il Mali è il secondo Paese africano per produzione ed esportazione di cotone. I grossisti maliani dovrebbero primeggiare in virtù della forte competitività del loro prodotto, rispetto ad altri superiore in qualità ed inferiore in costi. Ma i meccanismi del mercato internazionale non sono sempre così lineari. A partire dagli anni Novanta le aziende africane stanno accumulando grandi deficit e i produttori si trovano fortemente indebitati a causa dell’abbassamento dei prezzi del cotone e dell’aumento delle spese per la produzione. Per le regioni cotoniere questo si traduce in un aumento dei tassi di disoccupazione, povertà monetaria e emigrazione, soprattutto delle fasce più giovani, verso le città o oltre il Mali.
La Fairtrade Foundation, consorzio che opera per diffondere i prodotti del mercato equo, ritiene che le cause di questa discrepanza siano da ricercare nei sussidi accordati ai produttori europei. Benché all’interno dell’Unione Europea si produca appena il 2% del cotone globale, queste sovvenzioni, tra le più alte del mondo per ettaro coltivato, danneggerebbero i coltivatori africani stritolando i più deboli e creando clientelismi politici.
La strada contro i grandi colossi economici è molto tortuosa ma i maliani, avendo consapevolezza delle loro risorse, stanno cercando dal basso percorsi alternativi e sostenibili.
A partire dal 2006 è stato creato l’ECID, Espace Citoyen d’Interpellation Démocratique, una giuria cittadina composta da esperti ed agricoltori che si riunisce per esprimere e raccogliere il punto di vista dei maliani riguardo la sovranità alimentare e il diritto a definire autonomamente le proprie politiche agrarie e le pratiche commerciali che ne conseguono. All’interno di questo spazio, produttori e produttrici interpellano e si confrontano con esperti provenienti da diverse regioni del Mali e del mondo sul futuro dell’agricoltura.
Una delle decisioni più importanti prese in queste assemblee è stata il categorico rifiuto dell’utilizzo di Organismi Geneticamente Modificati nelle coltivazioni nazionali, giustificato da rigorosi studi ed argomentate informazioni legate all’ambiente, all’etica, all’economia e alla salute. Piuttosto che al commercio internazionale, i cittadini del Mali hanno scelto di dare la priorità ad una produzione che rispetta le persone e l’ecosistema.
MARIA GIOVANNA CASU, laureata in antropologia all’Università Sapienza di Roma
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