domenica 12 febbraio 2012

NEVE. RICORDI DI UN SOCIOLOGO. DIAMANTI I., Il Nevone del febbraio 2012 a Urbino, LA REPUBBLICA, 10 febbraio 2012

La nevicata del 1956 non la ricordo. Allora avevo 4 anni, abitavo nella periferia di Cuneo. Ero troppo piccolo e, a mia memoria, nevicava sempre. Tanto. Comunque, data la mia statura, a quell'età la neve mi pareva altissima. Conservo una foto nella quale, a pochi mesi di vita, forse 5, fasciato come una crisalide, me ne sto, dritto come un fuso, piantato nella neve. Cosa non si sarebbe fatto, allora, per una foto memorabile! Ricordo molto meglio la nevicata del 1985.




Era gennaio. Mi sorprese a Fiesole, all'Istituto Europeo. Lasciai l'auto lassù e rientrai a casa in treno (abitavo già a Caldogno). Impiegai un giorno di viaggio. I treni arrivavano e ripartivano senza orari previsti e stabiliti. Ovviamente. Arrivato a Vicenza, ad attendermi c'era un amico. Marco. Mi accompagnò in auto. Nel sedile dietro teneva una pala. Ogni tanto si fermava: a una curva, oppure in un vicolo. Afferrava la pala, scendeva e spianava gli ostacoli. Davanti a casa mia non si vedevano più i muri di recinzione - oltre un metro. E neppure il mio cane. Che visse, per qualche giorno, nella scala di accesso al mio appartamento. Dopo allora ricordo altre nevicate. Ma nessuna epica. Le più rilevanti, mi sorpresero a Urbino. Per la posizione e l'altitudine, predisposta a precipitazioni nevose rapide e cospicue. D'altronde, a Urbino, nulla è normale. Ricordo, due anni fa, in febbraio. La neve scese imponente e coprì tutto in fretta. E rammento il rientro, in auto. In silenzio, da solo. La neve ti fa sempre sentire solo. E ti avvolge
in una cappa di silenzio. Molte ore di viaggio, prima di rientrare a casa.

Niente a che vedere con l'evento di questi giorni, però. La nevicata del febbraio 2012, mese bisestile di un anno bisestile. Il "Nevone", come lo chiamano, da queste parti. Me lo sono perso. Per caso. Fermato da un'influenza, martedì 31 gennaio, mentre mi preparavo per andare a Urbino. Dove mi attendeva una sessione di esami. Ma avevo 38° di febbre. Che sarebbero saliti, nei giorni seguenti. Oppresso da una bronchite che mi faceva sentire come un palombaro chiuso nello scafandro. Per cui mi sono arrestato sulla soglia di casa. Sono rientrato e mi sono infilato a letto. Dove sono rimasto per molti giorni. Ho ripreso a uscire di casa solo oggi. Sfatto. Dopo dieci giorni di antibiotici, mucolitici e altri medicinali.

La neve che scendeva copiosa a Urbino l'ho vista - e sentita - di lontano. Me l'hanno raccontata gli amici e i colleghi. I primi giorni: sorpresi e un po' indignati. Perché i riflettori erano tutti puntati su Roma, paralizzata da qualche centimetro di neve - diciamo, al massimo, 15-20. Mentre a Urbino e nei dintorni - Urbania, il Montefeltro, l'entroterra di Rimini - ne era scesa più di un metro. E molta, moltissima ne sarebbe scesa ancora. Per limitarci alle ultime ore, nella notte e nella prima parte della giornata, è sceso oltre mezzo metro di neve, ancora. E la neve continua a scendere, senza rallentare. Tuttavia, l'atteggiamento dei media è cambiato in fretta. E da molti giorni abbiamo tutti, davanti agli occhi, le immagini di Piazza del Rinascimento e di Piazza della Repubblica, trasformate in alpeggi d'alta montagna. Il Palazzo Ducale, innevato come, a San Pietroburgo, la Cattedrale di Sant'Isacco d'inverno. L'angolo tra via Raffaello e via Santa Margherita, vicino a casa mia, sepolto da cataste di neve. Altissime. La città ducale sepolta e isolata dalla neve. L'ha narrata Jenner Meletti, alcuni giorni fa, su "la Repubblica", in un viaggio epico (come quello di Paolo Rumiz nei dintorni de l'Aquila). L'hanno documentata, con insistenza, i principali programmi e canali di news. Ma, soprattutto, l'hanno rappresentata, aggiornata e rivisitata, di continuo, gli studenti dell'IFG. La Scuola di giornalismo, che ha sede a Urbino da decenni. Il sito del loro giornale,
"Il Ducato" 1, è divenuto un riferimento critico e strategico. Per chi abita a Urbino, ma anche per chi sta altrove ed è interessato a quel che avviene nella città ducale, in questa emergenza.

Gli studenti dell'IFG hanno potuto scoprire il brivido della "professione" giornalistica. Ancora oggi. Al tempo della Rete. Hanno fatto inchiesta, cronaca, servizio. In una città che non ha un "proprio" giornale. Hanno raccontato e aggiornato l'evolvere della situazione. Un giorno dopo l'altro. Un'ora dopo l'altra. Indicando i punti critici, narrando storie. Hanno operato da rete di comunicazione per la città. E da schermo, amplificatore, oltre che da medium, all'esterno. Per l'Italia e il mondo. In questo modo hanno, inoltre, dato risposta al problema su cui si interroga da tempo - anzi, da sempre - Urbino. Come molte altre città "universitarie". La relazione e la coabitazione tra Università e Città. Fra la Città degli Urbinati - i residenti - e la Città degli Studenti, ma anche dei docenti - oltre dei tecnici e degli amministrativi (peraltro, in larga misura urbinati). Un rapporto complicato, visto che gli Urbinati hanno abbandonato (o quasi) il Centro storico agli studenti - e all'Università. Con tutti i problemi e le tensioni che derivano, per una Città abitata da abitanti temporanei e di passaggio. Tuttavia, un'indagine recente, realizzata dal LaPolis e dal CIRSFIA per l'Università di Urbino, ha mostrato come la confidenza reciproca, in effetti, sia alta. Come gran parte degli urbinati affidi all'Università le proprie prospettive future - non solo economiche. E, d'altronde, gran parte degli studenti consideri un vantaggio e un'opportunità vivere e studiare a Urbino. Il Nevone del 2012 ha rafforzato questo legame. Ha visto gli Urbinati e gli studenti lavorare vicino. Enti locali e Università: condividere l'emergenza. Con l'intervento "esterno" dei militari, in alcuni momenti critici. Ma Urbino, lontana dal mondo, ha continuato a vivere. La gente si è "arrangiata". Ha reagito. Urbinati e studenti, insieme: hanno spalato neve, liberato strade, aperto varchi. Insieme: ce l'hanno fatta. A rendere agibile la città. Nonostante i supermercati vuoti e i distributori esauriti. Senza lamentarsi troppo.

Ma gli studenti e l'Università hanno, inoltre, dato occhi e voce a quel che avveniva. Hanno messo in comunicazione le persone e le istituzioni, sul territorio. Mostrando "al mondo" la città, prima e dopo il Nevone. Ne hanno fatto un'icona "ideale". (Che spettacolo la città sotto la neve! Senza auto. Le poche rimaste: invisibili. Sepolte dalla neve.)

Così mi resta il sollievo e un po' di rimpianto. Il sollievo di aver scampato il Nevone del 2012. Di non essere finito sotto la tormenta e sotto la febbre. Il rimpianto di non averlo visto e vissuto di persona. Di non poter conservare memoria di questo evento non come un'immagine - che rimbalza sui media e sulla rete. Ma come un'esperienza eccezionale. Perché Urbino è eccezionale in condizioni normali. Tanto più in condizioni eccezionali.

(10 febbraio 2012)

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