Come si adatterà l’Italia al riscaldamento globale? La risposta va cercata nel Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) che il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha pubblicato sul suo sito e sottoposto a consultazione pubblica: cento pagine che suggeriscono 361 misure per preparare il Paese, in modo da ridurre al minimo i danni da innalzamento delle temperature.
“Va dato atto al ministro Pichetto Fratin che è stato di parola”, commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. “Meno di un mese fa, subito dopo la tragedia di Ischia, aveva detto che avrebbe messo in consultazione il Piano prima della fine dell’anno, e l’ha fatto”.
Il Pnacc è diviso in tre capitoli principali. Il primo è dedicato alle previsioni dell’impatto che il cambiamento climatico avrà sull’Italia, settore per settore, dal turismo all’agricoltura, dalla pesca all’energia, dalla salute all’industria. C’è poi la parte relativa alle “misure e azioni di adattamento”, che il Piano distingue in “soft” (finalizzate al rafforzamento amministrativo e tecnico) e “settoriali” (le 361 di cui sopra). Infine la “governance dell’adattamento”, che ruota intorno alla istituzione di un Osservatorio nazionale.
Tutto questo fa del Pnacc una sorta di manuale per gli amministratori, che d’ora in poi, nel prendere le loro decisioni sui territori, non potranno non tener conto dei dati e delle raccomandazioni legate al clima. Solo per fare un esempio: chi dovrà individuare le nuove politiche per il turismo (voce fondamentale del bilancio italiano) non potrà ignorare che se la temperatura media del Pianeta salirà di 2 gradi, la domanda turistica scenderà del 6,6% per una perdita di 17 miliardi di euro. Se invece il riscaldamento sarà di 4 gradi, il mercato scenderà dell’8,9% per un buco di 52 miliardi.
Per la prima volta dunque un documento ufficiale del governo fa sue le previsioni dei climatologi e le trasforma in uno strumento di decisione per i politici nazionali e locali. “E non potrebbe essere altrimenti”, sottolinea Ciafani. “Finché il cambiamento climatico era raccontato con gli orsi polari a rischio e i Poli che si sciolgono, sembrava una cosa lontanissima. I dati del Pnacc dimostrano che invece ci tocca da vicino e che urge ‘adattarsi’ per ridurne gli effetti negativi”.
Questo è dunque il principale pregio del Piano. Rimarrà invece deluso chi si aspettava un elenco di provvedimenti specifici per le singole criticità del territorio italiano, da Ischia alle Marche. Anche quando si parla di “misure e azioni” non ci riferisce a soluzioni dei singoli problemi, ma a linee guida da seguire per mettere a punto tali soluzioni. La misura 45 recita: “Promozione della diffusione dell'agricoltura di precisione”. Mentre la numero 80 prescrive di “Programmare la spesa pubblica relativa alle opere di prevenzione dei rischi idraulico e geomorfologico”.
Per sua natura l’adattamento ai cambiamenti climatici comporta l’intervento di autorità scientifiche, tecniche e amministrative diverse. Con l’elevatissimo rischio di far esplodere i già frequenti conflitti di competenze.È per questo che l’ultima parte del Piano è dedicata alla governance dell’adattamento. Il fulcro è appunto l’istituzione presso il ministero dell’Ambiente di un Osservatorio nazionale, "composto da rappresentanti dei ministeri competenti per ciascuno dei settori d’azione presi in considerazione, le Regioni e le Province autonome, il Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio, le Autorità di bacino distrettuali. È prevista la partecipazione di altri Ministeri o altri Enti aventi competenza nei settori d’azione…” si legge nel Piano. “L’Osservatorio nazionale ha il compito di aggiornare nel tempo delle priorità di intervento e le azioni di adattamento individuate dal Pnacc; programmare l’utilizzo, le fonti di finanziamento, il cronoprogramma degli interventi; curare le attività di monitoraggio dello stato di avanzamento e dell’efficacia degli interventi individuati per perseguire le azioni del Pnacc, oltre che le attività di reporting e valutazione di approvare le proposte di interventi presentate dalle Regioni, dagli Enti Locali o altri Enti pubblici con le proposte d’azione individuate nel Pnacc”.
Eppure c’è chi ritiene tardivo il Piano di adattamento, come l’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa. “Sostiene che il Pnacc sia ormai archeologia, visto che è successo di tutto dal punto di vista climatico, e che andrebbe riscritto da capo. Mi sorprende da chi è stato due anni e mezzo alla guida del ministero e non lo ha fatto approvare” replica Ciafani. “Va fatto l’esatto opposto: il Piano, con le dovute correzioni alla luce dei rilievi della consultazione pubblica, deve essere approvato, con la consapevolezza che siamo alla fine del primo tempo. Per mettere in campo le 361 misure individuate occorre giocare il secondo tempo. Ovvero trovare le risorse economiche necessarie e poi finanziare progetti specifici”.
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