LE acque sacre ai Maori che scorrono per 145 chilometri ora sono considerate come un essere vivente. Dopo 170 anni il fiume Whanganui, in Nuova Zelanda, ha ottenuto una personalità giuridica, dopo una battaglia legale durata 170 anni. Sarà rappresentato congiuntamente da un membro nominato dalla comunità maori e uno nominato dal governo.
Il riconoscimento è arrivato grazie allo storico trattato di Waitangi, sottoscritto nel 1840 da un rappresentante della corona inglese e da 40 capi delle tribù Maori dell'Isola del Nord. Da allora, archiviato il lungo conflitto fra popolazioni locali e colonizzatori, la Nuova Zelanda divenne colonia inglese.
Da allora quell'accordo garantisce sostanziale protezione agli interessi e alle proprietà tradizionali dei Maori, che oggi vedono risconosciuta l'importanza di difendere ''salute e benessere'' del fiume, come ha sottolineato il portavoce della comunità locale Gerrard Albert a Radio New Zealand. "Abbiamo sempre creduto che il fiume Whanganui sia un insieme indivisibile e vivente con tutti i suoi elementi fisici e spirituali, dalle montagne del centro dell'Isola del Nord fino al mare".
La nuova legge mette fine al più lungo contenzioso nella storia del Paese, ha detto il ministro per il trattato di Waitangi, Christopher Finlayson. "Questa legge riconosce la profonda connessione spirituale fra il locale popolo Whanganui Iwi e il loro fiume ancestrale. Ne riconosce le tradizioni e usanze e crea una base solida per il futuro del fiume
Kikukula è una città ugandese. In Uganda, come in altre regioni africane, grandi multinazionali occidentali e non solo stanno acquistando terreni agricoli, cacciano le popolazioni che vi abitano e promuovono forme di business completamente estranee alle culture economiche locali. Il territorio ancora oggi come scenario di sfruttamento, competizione e lotta per la sopravvivenza e la sopraffazione.
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