La mal’aria, ed in particolare le polveri sottili, sono un killer silenzioso ed implacabile. In grado di «uccidere» mediamente 437 bresciani l’anno.
Questo il dato shock di un recentissimo studio dell’Asl di Brescia, che ha analizzato il numero degli accessi al pronto soccorso nei giorni dove l’aria è zeppa di pm 10 e 2,5. L’inquinamento atmosferico ha conseguenze dirette anche sulla spesa sanitaria: costa 12,5 milioni l’anno. È lo stesso Michele Magoni, responsabile dell’osservatorio epidemiologico dell’Asl, a fornire gli estremi per questo calcolo: se l’aria di città e provincia non fosse così inquinata dal 2000 al 2014 si sarebbero potuti evitare ben 58500 ricoveri per problemi respiratori, ognuno dei quali costa una media di 2500/3000 euro. Dal Duemila ad oggi quindi, la spesa sanitaria della «malaria» arriva a 175 milioni.
Questo il dato shock di un recentissimo studio dell’Asl di Brescia, che ha analizzato il numero degli accessi al pronto soccorso nei giorni dove l’aria è zeppa di pm 10 e 2,5. L’inquinamento atmosferico ha conseguenze dirette anche sulla spesa sanitaria: costa 12,5 milioni l’anno. È lo stesso Michele Magoni, responsabile dell’osservatorio epidemiologico dell’Asl, a fornire gli estremi per questo calcolo: se l’aria di città e provincia non fosse così inquinata dal 2000 al 2014 si sarebbero potuti evitare ben 58500 ricoveri per problemi respiratori, ognuno dei quali costa una media di 2500/3000 euro. Dal Duemila ad oggi quindi, la spesa sanitaria della «malaria» arriva a 175 milioni.
Calano le polveri, calano i decessi. Ma l’attenzione resta alta
I risultati dell’Asl combaciano grossomodo con lo studio Viias di ministero, regione Lazio, Enea e Ispra, che calcolando anche i danni di biossidi d’azoto e ozono, stimava in 803 l’anno il numero dei potenziali decessi (lo studio si fermava ai dati 2010). L’Asl ha scoperto che la mortalità e le malattie nel decennio sono calate del 20 per cento, in modo direttamente proporzionale al calo delle polveri nell’aria. Ma sono ancora molti, troppi, i decessi evitabili. «L’inquinamento da polveri sottili è la grande problematica ambientale della nostra provincia, della nostra regione» taglia corto l’epidemiologo Magoni, che offre un paragone azzardato ma di facile comprensione: «L’inquinamento da cromo esavalente nell’acqua equivale, in termini di danni alla salute, a fumare una sigaretta l’anno. L’esposizione alle polveri sottili invece corrisponde ad una sigaretta al giorno». Certo, non va dimenticato che le principali cause di morte sono legate ad una scorretta alimentazione, al fumo, alla mancata attività fisica: ma l’algoritmo per valutare questi fattori di rischio insieme all’inquinamento atmosferico non c’è. «Possiamo dire però che nel Bresciano le polveri sottili sono responsabili dell’ 8 per cento di tutti i decessi». E se in Italia i veleni nell’aria accorciano mediamente la vita di 9,7 mesi, «nel Nord Italia i mesi di vita persi salgono a 16 in Lombardia e a Brescia a 18».
Tutti i danni dell’inquinamento
Il perché è presto detto. La pianura padana è un geomorfologicamente un «catino», chiusa tra le alpi e gli appennini. L’inquinamento prodotto dal riscaldamento domestico, dal traffico veicolare, dall’industria, dall’agricoltura, ristagna nell’aria. E se in estate le radiazioni solari favoriscono il rimescolamento dell’aria, che avviene nei primi 2 chilometri d’atmosfera, in inverno i veleni rimangono «schiacciati» nei primi 700 metri. Per questo le centraline Arpa risultano spesso fuorilegge.
Gli effetti di questo inquinamento sono molto preoccupanti. Quando l’aria di Brescia e provincia arriva a toccare il limite europeo di 50 microgrammi per metro cubo, il rischio di mortalità aumenta del 7 per cento. Del 12 per cento il rischio d’infarti, del 10 per cento quello di ictus e del 20 per cento i ricoveri respiratori. Se le pm 10 fossero sempre sotto il limite raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità (ovvero 20 microgrammi) avremmo 200 infarti in meno l’anno. Ed il 6 per cento in meno di tumori al polmone.
Gli effetti di questo inquinamento sono molto preoccupanti. Quando l’aria di Brescia e provincia arriva a toccare il limite europeo di 50 microgrammi per metro cubo, il rischio di mortalità aumenta del 7 per cento. Del 12 per cento il rischio d’infarti, del 10 per cento quello di ictus e del 20 per cento i ricoveri respiratori. Se le pm 10 fossero sempre sotto il limite raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità (ovvero 20 microgrammi) avremmo 200 infarti in meno l’anno. Ed il 6 per cento in meno di tumori al polmone.
In Valtrompia e sul Sebino più infarti e ictus
Dati interessanti emergono anche dalla mappa geografica delle malattie respiratorie: in Valtrompia, nei comuni del lago di Iseo ed in certi paesi della bassa meridionale è maggiore l’incidenza di infarti ed ictus. In quanto ai ricoveri ospedalieri dei bambini il record spetta alla Valsabbia, seguita dalla bassa meridionale. I ricoveri per gli anziani (over 65) vedono ancora primeggiare la Valtrompia, insieme al basso Garda. Ma guardando i dati Arpa, non è la città (ed in primis Rezzato) ad avere l’aria peggiore della provincia? «Nelle valli e in misura minore nella Bassa si fa un forte utilizzo di caminetti - spiega Fabrizio Speziani, direttore del dipartimento di prevenzione medica - principale fonte di polveri sottili. I nostri dati su Darfo dimostrano che l’aria in inverno è di pessima qualità. Certo per avere un quadro più approfondito servirebbero un paio di centraline Arpa in più, magari nella Bassa».
pgorlani@rcs.it
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