Crimea
E’ una penisola di 26 mila km quadrati sul Mar Nero, collegata alla terra ferma da un sottile lembo di terra di appena 5 km a Perekop. Nota fin dall’antichità – i greci l’avevano colonizzata come Tauride – è stata abitata da sciti, khazari, unni, controllata dalla Rus di Kiev e da Bisanzio. I genovesi l’hanno strappata ai veneziani controllandone i commerci per due secoli. Conquistata dai mongoli, diventa il Khanato di Crimea abitato dai tartari che per secoli insidia i russi, arrivando fino alle porte di Mosca e fornisce schiavi slavi alla Sublime Porta. Conquistata da Caterina II nella seconda metà del ’700, diventa territorio russo, luogo di villeggiatura degli zar.
Il passaggio all’Ucraina
Nel 1954 Nikita Krusciov “regala” la penisola all’Ucraina per celebrare i 300 anni dell’unione con la Russia. Nell’ambito dell’Unione Sovietica si trattava di un passaggio di giurisdizione amministrativa che al massimo poteva significare il cambio delle insegne, ma comunque non viene visto di buon occhio. Nel 1991 l’Ucraina diventa uno Stato indipendente e la penisola la segue nonostante un diffuso malumore. Oggi la Crimea ha uno status di repubblica autonoma all’interno dell’Ucraina, con un parlamento e un governo che hanno sede a Simferopol.
La secessione
Ipotesi ventilata a più riprese sia dai politici filo-russi della penisola che da Mosca, ma rimasta finora a livello di propaganda. Dopo la vittoria del Maidan a Kiev il parlamento di Simferopol sotto la pressione della piazza e dei militari che l’hanno occupato ha indetto per il 30 marzo un referendum sulla “estensione dell’autonomia della Crimea” che di fatto dovrebbe essere una consultazione sulla secessione dall’Ucraina.
I russi e gli ucraini
La Crimea è abitata da due milioni di persone, il 57% della popolazione sono russi e il 27% ucraini. La lingua prevalente è il russo.
I tartari
Gli abitanti musulmani del Khanato dal 1400, vengono deportati in Asia Centrale da Stalin durante la seconda guerra mondiale, con il pretesto che erano inclini al collaborazionismo con i tedeschi. Riescono a tornare con la morte del dittatore, ma non possono riavere le terre e le case che gli sono state tolte. Ottengono diritti di cittadinanza politica e religiosa solo con la perestroika e da allora rivendicano un maggiore ruolo nella vita della repubblica. Attualmente sono il 12% della popolazione e in maggioranza sostengono il governo di Kiev e sono contrari a un avvicinamento con Mosca, nemica storica. In piazza negli ultimi giorni hanno difeso la causa dei Maidan al grido di “Allah akbar” scontrandosi con i manifestanti filo-russi.
La flotta del Mar Nero
Una delle quattro flotte della marina militare russa, è di stanza a Sebastopoli, città storica per la gloria militare di Mosca e base militare. Conta circa 11 mila effettivi più altrettanti di personale e ha circa 60 navi (parte delle quali dislocati a Novorossiysk, in territorio russo). La sua permanenza in territorio ucraino è stata oggetto di un contenzioso lungo 20 anni, mentre il presidente ucraino Yushenko voleva sfrattare le navi russe nel 2017, con Yanukovich nel 2010 l’affitto della base è stato prorogato al 2042. Sebastopoli è sede anche del comando della marina militare ucraina, ma di fatto è controllata dai russi che continuano a considerarla più russa che ucraina.
I Berkut
Sono le truppe speciali della polizia che si sono distinte negli scontri a Kiev e alle quali vengono attribuiti i rapimenti e le torture dei militanti del Maidan, oltre che la strage nelle strade. Disciolti mercoledì dal nuovo governo ucraino, i Berkut di stanza in Crimea si sono ribellati e hanno partecipato al blitz contro il parlamento. Il ministero degli Esteri russa ha promesso di fornire ai Berkut in tempi brevissimi la cittadinanza russa offrendogli così una protezione contro eventuali persecuzioni ucraine per il massacro di Kiev.
Il governo
Dopo il blitz al parlamento di Simferopol il governo che aveva dichiarato lealtà a Kiev è stato rimosso dai deputati e al suo posto si è insediato l’esecutivo guidato da Serghei Aksionov, leader della comunità russa. Il nuovo premier ha subordinato a se stesso tutte le strutture militari, di polizia e di pubblica sicurezza della penisola, minacciando di licenziamento gli agenti che avrebbero risposto agli ordini del governo centrale di Kiev.
La piazza
Manifestazioni di qualche migliaio di persone nei giorni scorsi hanno chiesto la secessione dall’Ucraina e l’adesione alla Russia, eleggendo anche in piazza un “sindaco” di Sebastopoli, l’imprenditore Andrey Chaly, cittadino russo. Militanti di organizzazioni filo-russe hanno aperto le iscrizioni a “milizie di autodifesa” e hanno provato a espugnare il parlamento appendendo sull’edificio la bandiera russa. Dopo che sono stati respinti dai tartari, l’occupazione del parlamento è stata attuata dai militari e dai Berkut, e i manifestanti sono passati a ruolo di sostegno in piazza.
Gli emissari
Da giorni in Crimea si alternano grossi calibri della politica russa, dai deputati di punta della maggioranza putiniana della Duma ai leader nazionalisti come Vladimir Zhirinovsky, ad attori e cantanti della play-list del Cremlino. Tutti promettono agli abitanti della Crimea protezione, sostegno, passaporti russi e aiuti economici.
La diplomazia
Il governo di Arseny Yatseniuk ha denunciato un’aggressione militare di Mosca contro la Crimea e si è rivolto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Kiev ha anche chiesto per mezzo di note diplomatiche alla Russia “consultazioni urgenti” nell’ambito del Trattato sull’amicizia tra i due Paesi, nonostante il Cremlino non abbia ancora riconosciuto il nuovo potere ucraino continuando a ritenere legittimo il presidente in fuga Viktor Yanukovich. Mosca si è rifiutata di aprire un dialogo sostenendo che le vicende in Crimea erano un “affare interno” dell’Ucraina. In ambito Onu la Russia si è opposta all’invio di una missione di mediatori considerandola una “ingerenza” nella volontà del popolo della Crimea.
Il Maidan
I militanti della piazza di Kiev, in primo luogo l’avanguardia armata del Settore di Destra, si sono rifiutati di andare a combattere per la Crimea.
La bomba atomica
Nel 1994 l’Ucraina ha reso alla Russia le testate nucleari ereditate dall’ex Urss. In cambio Washington e Mosca si sono impegnate a fare da garanti all’incolumità e all’integrità territoriale del neonato Paese. Il leader nazionalista ucraino Oleg Tyahnybok ha ipotizzato che, dopo che la Russia ha palesemente violato questo impegno, l’Ucraina abbia diritto a dotarsi di nuovo di un arsenale nucleare, cosa fattibile in “3-6 mesi” grazie alle tecnologie e alle industrie rimaste dai tempi dell’Urss.
Kikukula è una città ugandese. In Uganda, come in altre regioni africane, grandi multinazionali occidentali e non solo stanno acquistando terreni agricoli, cacciano le popolazioni che vi abitano e promuovono forme di business completamente estranee alle culture economiche locali. Il territorio ancora oggi come scenario di sfruttamento, competizione e lotta per la sopravvivenza e la sopraffazione.
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