La Gran Bretagna potrebbe essere costretta ad abbandonare molte delle sue città costiere, a rischio di venire sommerse dall’innalzamento delle acque entro la fine del secolo, come conseguenza dello scioglimento dei ghiacci. È l’allarme lanciato da un nuovo rapporto sul cambiamento climatico, pubblicato stamane dal Guardian di Londra e dalla Bbc.
Lo studio della Enviroment Agency, l’agenzia per l’ambiente del governo britannico, prevede che, se le tendenze attuali continueranno, la temperatura globale potrebbe aumentare da 2 a 4 gradi centigradi entro il 2100 e che alcune delle comunità della fascia costiera inglese debbano essere abbandonate dalla popolazione perché potrebbero venire completamente allagate. Emma Howard Boyd, direttrice dell’agenzia, afferma che il governo dovrebbe cominciare a spendere 1 miliardo di sterline l’anno per costruire barriere e altri tipi di difese contro l’innalzamento delle acque lungo le coste dell’Inghilterra.
Ma le barriere non saranno sufficienti, prosegue il rapporto, se non si ferma il trend del cambiamento climatico. “Non è una guerra che possiamo vincere costruendo delle difese contro il mare”, ammonisce Boyd, “le dimensioni della minaccia sono tali che bisogna già pensare a come incoraggiare la popolazione ad abbandonare le proprie case e a trasferirsi altrove”. L’agenzia si aspetta una maggiore erosione della costa e sempre più frequenti episodi di piogge tempestose e di eventi meteorologici estremi nel prossimo futuro. Lo studio calcola inoltre che, per ogni persona che subisce un allagamento, altre 16 soffriranno danni come perdita di elettricità, trasporti e comunicazioni.
Commenta l’associazione ambientalista Friends of the Earth: “Questo segnale di allarme conferma che difendersi dal cambiamento climatico non basta. Bisogna attaccare, cambiando politica energetica e ambientale per ridurre le emissioni nocive e affrontare il problema alla radice”.
Kikukula è una città ugandese. In Uganda, come in altre regioni africane, grandi multinazionali occidentali e non solo stanno acquistando terreni agricoli, cacciano le popolazioni che vi abitano e promuovono forme di business completamente estranee alle culture economiche locali. Il territorio ancora oggi come scenario di sfruttamento, competizione e lotta per la sopravvivenza e la sopraffazione.
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