Da un paio di giorni c’è una nuova applicazione in vetta alla classifica delle più scaricate nell’App store. Si chiama Terremoto, l’ha creata lo sviluppatore Nico Tranquilli e riporta quasi in tempo reale i dati su scosse e magnitudo registrati dai sismografi dell’Ingv, l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Ogni volta che vengono inserite nuove informazioni, una notifica illumina lo schermo dello smartphone. La app può essere molto utile per lavori di ricerca sul sisma, specie in queste ore. Mostra bene l’evoluzione dello sciame sismico. Ma il fatto che abbia conquistato e mantenuto il vertice dei download dimostra anche quanto sia stato grande l’effetto suscitato dal terremoto nel Centro Italia, tanto da avere un impatto anche sui nostri telefoni, così presenti nella vita quotidiana che qualcuno li vorrebbe addirittura utilizzare per prevederli, i terremoti.
Del tema si parla da tempo. L’ultima ricerca è quella dell’anno scorso dell’Università di Houston e dalla United States Geological Survey. Secondo gli autori, il Gps degli smartphone, anche se meno accurato degli strumenti scientifici, potrebbe avvertire l’arrivo di scosse fino a 7 gradi di magnitudo, come quella che nel 2010, ad Haiti, uccise oltre 200mila persone e allertare la popolazione con un messaggio. «D’altra parte la velocità di un segnale elettronico è superiore a quella di un movimento tellurico», aveva spiegato Craig Glennie, professore dell’università di Houston all’agenzia Reuters.
Assieme ai suoi colleghi ha studiato il terremoto e lo tsunami del 2011 in Giappone. La conclusione: se fossero stati analizzati i dati Gps, migliaia di vite avrebbero potuto essere salvate prima che il sisma raggiungesse Tokyo e l’onda dello tsunami travolgesse chilometri e chilometri di costa spazzando via ogni cosa. Per i ricercatori basterebbe studiare le informazioni raccolte attraverso meno di 5.000 cellulari in un’area metropolitana per emettere un segnale di pericolo abbastanza veloce da dare la possibilità, almeno a chi non è troppo vicino all’epicentro, di mettersi in salvo. Sarebbe una soluzione economica, a portata delle casse anche dei paesi più poveri che non si possono permettere costosi impianti scientifici di previsione.
Utopia? No. C’è qualcuno che sta già mettendo in pratica tutto questo anche se con qualche correttivo. Da febbraio, purtroppo per il solo sistema operativo Android, è disponibile MyShake, una app realizzata nell’università californiana di Berkeley. La piattaforma rileva i terremoti sfruttando gli accelerometri dei telefoni. Sono i minuscoli strumenti che registrano i movimenti e le vibrazioni degli smartphone. In questo caso, quando ne avvertono uno non convenzionale, che può assomigliare a una scossa sismica, attraverso la app lo comunicano ai computer di Berkeley che analizzano i dati inviati. Per ora MyShake è promossa: nel 93 per casi ha funzionato correttamente individuando terremoti di magnitudo anche superiori al grado di magnitudo 5 in una fase iniziale, quando scappare è ancora possibile. Il prossimo passo è trasformare il segnale in un’allerta per la popolazione. L’app lo potrebbe fare in meno di un secondo, mentre adesso si limita a geolocalizzare gli eventi sismici più significativi. Ma se il progetto prendesse piede migliaia di smartphone darebbero vita a un network mondiale di sensori prevedi-scossa.
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