Sette milioni di persone muoiono ogni anno a causa dell’inquinamento atmosferico. Numero che rappresenta un ottavo del totale dei decessi del pianeta non dovuti a cause naturali. È quanto risulta dall’ultimo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) su dati del 2012.
Le regioni più colpite sono i Paesi in via di sviluppo e in particolare il Sud-est asiatico e il Pacifico occidentale, dove nel 2012 si sono registrati 5,9 milioni di decessi collegati all’aria inquinata. In Europa, i morti sono 99 mila, in America 81 mila. In più della metà dei casi, la causa è il fumo prodotto da fornelli e da stufe. Circa 3 miliardi di persone al mondo usano infatti combustibili come carbone e legno, ma questi producono inquinanti nocivi come polveri sottili e monossido di carbonio. L’inquinamento dell’aria esterna uccide invece circa 3,7 milioni di persone l’anno. I dati rivelano che l’inquinamento dell’aria è spesso connesso a malattie respiratorie, come infezioni o ostruzioni croniche polmonari, ma anche patologie cardiache. Nel 2013 l’International Agency for Research on Cancer (l’agenzia dell’Oms che valuta la cancerogenicità degli agenti chimici e fisici) ha riconosciuto l’effetto cancerogeno dell’inquinamento atmosferico. Nel precedente rapporto, risalente al 2008, l’Oms aveva indicato 3,2 milioni di morti. Ora il numero è più che raddoppiato. Un aumento dovuto anche al miglioramento delle tecniche di analisi, che hanno consentito di ottenere informazioni più complete.
Kikukula è una città ugandese. In Uganda, come in altre regioni africane, grandi multinazionali occidentali e non solo stanno acquistando terreni agricoli, cacciano le popolazioni che vi abitano e promuovono forme di business completamente estranee alle culture economiche locali. Il territorio ancora oggi come scenario di sfruttamento, competizione e lotta per la sopravvivenza e la sopraffazione.
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