Picchi frequenti e più alti, perché vanno riviste le carte delle zone sismiche
Il terremoto scuote di nuovo e per tre volte in un giorno con un livello superiore al quinto grado della scala Richter il cuore della Pianura padana. Erano trascorsi solo nove giorni dal primo sisma (5,9). È normale o c'è qualcosa di anomalo? «Occorre aggiornare la mappa del rischio sismico», sostiene il ministro dell'ambiente Corrado Clini. «Probabilmente è vero», aggiunge Stefano Gresta, presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv).
«Ma in particolare - aggiunge - è necessario aggiornare il modo di leggere le mappe. Non basta considerare un valore di bassa pericolosità per una zona. Ciò che bisogna fare per comprendere meglio il problema è combinare assieme due carte oggi impiegate. Una esprime la probabilità dove si può manifestare un sisma in base ai dati statistici del passato, dalla quale emergono i valori di pericolo considerati dagli ingegneri per costruire; la seconda carta registra i picchi di massima intensità. Dalla loro unione potranno emergere indicazioni utili e più ricche rispetto a oggi».
Ma nella valutazione dei pericoli a cui sono esposte le aree della Penisola in alcuni casi c'è la limitatezza dei dati che rende difficile le indagini. «Nella Pianura padana ripetutamente colpita dal sisma - prosegue il presidente dell'Ingv - mancano informazioni adeguate sulla deformazione del suolo. Per stabilire con certezza se la sequenza dei picchi di una certa intensità, emersa negli ultimi mesi con una certa frequenza, esprima un fenomeno anomalo oppure se rientri in un naturale processo sarebbero necessari dati più precisi. Nella regione soltanto dal Duemila si sta puntualmente rilevando la situazione con continuità e ora abbiamo anche intensificato gli strumenti; ma l'arco di tempo disponibile agli studiosi è ancora troppo ristretto per suggerire indicazioni utili. Occorrono molti più anni per costruire delle statistiche appropriate».
Oggi la valutazione espressa dai geofisici dell'Ingv tende a vedere l'evento di ieri come espressione della norma. «Nessuna sorpresa - nota Warner Marzocchi -. Che si potesse verificare un altro terremoto intorno a sei gradi di magnitudo era stato detto sin dal primo giorno. Rientrava nelle probabilità possibili». «E non si può escludere che altri se ne possano manifestare nei prossimi giorni o settimane - aggiunge Antonio Piersanti -. Sono terremoti a grappolo, come li chiamiamo. Il primo evento genera delle perturbazioni nel sottosuolo da cui nascono altri movimenti tellurici la cui periodicità non è né prevedibile né sempre uguale». Quello che accade nelle profondità non è, purtroppo, facilmente comprensibile e non è detto che le nuove scosse siano sempre inferiori alla prima. «Ci possono essere delle repliche anche più forti - precisa Alessandro Amato - e potrei farle un lungo elenco. Ad esempio nel terremoto del Friuli nel 1976 dopo la prima scossa di maggio ne è seguita un'altra in settembre; nel 1984 in Val Comino nel Parco Nazionale d'Abruzzo i due sismi del 7 e dell'11 maggio erano connessi, di nuovo nel 1997 in Umbria e Marche abbiamo il terremoto di Colfiorito, come è rimasto noto, con la basilica di Assisi gravemente colpita.
La causa che li scatena è sempre la stessa, cioè la compressione esercitata verso nord dalla placca africana sulla placca euroasiatica. Questa genera un'area ad alto rischio nel Sud, Sicilia in particolare, e il pericolo sale poi lungo tutta la Penisola come i movimenti degli Appennini ci ricordano spesso per il loro scontro con le Alpi. La placca africana, frammentata, si insinua anche nella zona dell'Adriatico aumentando il pericolo nel Settentrione orientale. Il terremoto del Friuli ad essa era infatti legato.
La Pianura padana, dunque, è il lembo più settentrionale della placca africana e di conseguenza non può essere immune da questi fenomeni anche se statisticamente meno intensi. La zona interessata dal terremoto del 20 maggio è arrivata a sollevarsi di ben 15 centimetri come hanno scoperto i satelliti CosmoSkymed dell'Agenzia spaziale italiana Asi. La pianura inoltre, essendo stata formata da sedimenti marini, amplifica gli effetti di un sisma. Resta aperta, a questo punto, la domanda posta del presidente dell'Ingv Stefano Gresta: c'è qualcosa di anomalo nei fatti dell'ultimo anno?
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